fbpx
Dona

11 Dicembre 2020

EmailTwitterFacebookWhatsApp

Chi segnala illeciti sulla pandemia (e non solo) va protetto: migliorare la legge è necessario

ll recepimento della direttiva europea sulla protezione dei whistleblower è un assist fondamentale al buon funzionamento della nostra democrazia

di Priscilla Robledo

C’è tempo fino al 17 dicembre 2021, il che significa che c’è poco tempo. La legge di recepimento della direttiva UE 2019/1937 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione deve essere discussa e approvata in via prioritaria, se non altro per due considerazioni pratiche: la prima è che non partiamo da zero: l’ordinamento italiano già prevede alcune tutele per alcune categorie di whistleblower, dunque non si tratta di reinventare la ruota, bensì di comprare un nuovo motore. La seconda è che durante la pandemia di Covid 19, nel corso del 2020 sono emersi casi di whistleblower che ora non hanno più un lavoro e che invece, se la legge di recepimento della direttiva 2019/1937 fosse già stata in vigore, avrebbero potuto essere protetti. Quindi non è che la direttiva va recepita perché “ce lo chiede l’Europa”: ce lo chiede il buon funzionamento del nostro sistema democratico.

Tuttavia, il processo di recepimento non dovrà essere frettoloso, proprio perché non dobbiamo dimenticare che disciplinare il whistleblowing ha diversi impatti: da un lato, significa incidere sulla vita e la libertà degli individui, nonché sulla loro libertà di espressione e di movimento e sulla loro autodeterminazione; dall’altro, impone di decidere sul diritto di una società e dell’opinione pubblica ad essere informata di fatti rilevanti; da un altro ancora, costituisce un mezzo per arginare la corruzione e sanzionare la responsabilità penale di impresa; infine, è espressione della misura di trasparenza e accountability di uno Stato, in altre parole dà contezza di come quello Stato si pone nei confronti dei propri cittadini. 

Ai fini di un recepimento efficace e garantista della direttiva, la legge attualmente in vigore in Italia (la n. 179 del 2017) dovrebbe essere abrogata con legge successiva, e cioè superata di fatto da una nuova legislazione che adotti l’impianto della direttiva tout-court. Se è sempre macchinoso, infatti, andare ad operare chirurgicamente su norme già esistenti, con riferimento a questa legge sarebbe pure una fatica inutile, dal momento che la direttiva si fonda su presupposti di tutela molto più ampi della  l. 179. Inoltre, la stessa direttiva costituisce un primo livello di tutela (un cosiddetto standard minimo), ed offre la possibilità discrezionale agli Stati di rafforzare ed estendendere queste tutele: dunque, se il percorso legislativo partisse dalla legge nazionale in vigore, che ha una applicabilità limitata, non potremmo mai allargare lo spazio a quei livelli di tutela estesa e rafforzata che la direttiva permette.  

Dunque è cruciale che il legislatore non si limiti a trascrivere gli elementi base della direttiva che pure sono fondamentali, quali, ad esempio, l’estensione degli obblighi di fornire canali di segnalazione a tutte le aziende con più di 50 dipendenti, la tutela estesa ai non-dipendenti, la prevalenza della protezione del whistleblower rispetto alla tutela del segreto industriale, ma dedichi un’attenzione particolare ad alcuni aspetti sui quali ha margine di discrezionalità, e cioè:

(i) estensione della tutela offerta dalla direttiva anche a chi segnala violazioni della legge italiana;

(ii) protezione di tipo orizzontale, ad ogni livello e in ogni settore, non segmentata per settore di attività o per materia rispetto al contenuto della segnalazione;

(iii) trasposizione del concetto di “ragionevoli / fondati motivi” a base della segnalazione, di ritenere che i fatti segnalati siano veritieri che secondo noi dovrebbe giudicarsi in base al parametro della professionalità;

(iv) inclusione di previsioni specifiche per le misure cautelari che il giudice del lavoro può imporre per fermare la ritorsione, come ad esempio la nullità degli atti ritorsivi e il conseguente reintegro sul posto di lavoro, estremamente efficaci nel fornire una prima risposta concreta al whistleblower in difficoltà.

(v) previsione di misure di ristoro economico e di sostegno psicologico per i whistleblower.