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Piano pandemico nazionale/segreto di stato: la trasparenza in Italia è ancora tabù

Con l’arrivo del Recovery Fund è necessario mettere in campo tutti gli strumenti proattivi di trasparenza

 

“Cambiano i governi, ma la trasparenza in Italia resta sempre un tabù, tanto per la politica quanto per la burocrazia. Emblematico il caso raccontato da Riccardo Luna su La Repubblica di sabato 1° agosto: sapere cosa prevede il Piano pandemico nazionale non è evidentemente per il Governo Conte II un diritto di tutti, come dimostrerebbero i continui ritardi nel fornire i dati al giornalista che li ha richiesti rifacendosi non tanto al diritto di cronaca, quanto a una legge stessa dello Stato che rende possibile l’accesso generalizzato da parte di chiunque ne faccia domanda alla documentazione detenuta dalla pubblica amministrazione”, ricorda Federico Anghelé Direttore di The Good Lobby Italia. 

“Cosa c’è di più “generale” del voler sapere cosa contiene il Piano pandemico nazionale nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria che da mesi tiene in sospeso le nostre vite? Non è forse nell’interesse di tutti conoscerne i dettagli per eventualmente suggerire miglioramenti e adeguamenti sulla base dei tragici eventi degli ultimi mesi? Il Consiglio di Stato ha ritenuto nel suo decreto monocratico, che gli atti del comitato tecnico-scientifico sulla base dei quali il Governo ha deciso di mettere in campo il segreto di Stato, non dovrebbero essere secretati anche per le implicazioni in termini di limitazione delle libertà individuali per ciascuno di noi”, evidenzia ancora Anghelé.

“Saremo sempre dalla parte di chi si batte per la trasparenza – rimarca il  direttore di The Good Lobby”. Tanto più in un momento cruciale come la pandemia, in cui è ancor più importante che l’azione e le decisioni di chi ci governa a livello regionale e nazionale sia a tutti accessibile e chiara. La trasparenza contribuisce a legittimare le scelte compiute dai decisori pubblici; è proprio nell’oscurità informativa che si annidano sospetti, paure, complottismi e negazionismi. Nei mesi scorsi, assieme a Transparency International e altre organizzazioni della società civile abbiamo scritto a tutte le regioni per chiedere di rendere accessibili in formato leggibile tutti i dati relativi ai tamponi effettuati, ottenendo pochissime risposte positive”.

“Troppo spesso vige ancora una mentalità secondo la quale la trasparenza sarebbe un inciampo, una limitazione all’azione rapida e tempestiva della pubblica amministrazione. Ma in realtà è vero il contrario: tanto più abbiamo accesso alle informazioni utili, e tanto più giudichiamo giusta, coerente, opportuna una scelta praticata dai decisori pubblici, ribadisce Anghelé”. 

“Con gli ingenti fondi stanziati dal Recovery Fund è urgente mettere subito in campo tutti gli strumenti proattivi di trasparenza, per evitare da una parte che siano i cittadini a fare richiesta di accesso vedendoselo in molti casi negato – come nel caso sopra denunciato – ,  ma dall’altra per scongiurare ogni rischio di cattivo impiego di risorse così vitali per il nostro futuro”, conclude il direttore di The Good Lobby.