Considerando che il voto a distanza viene concesso a tutti i residenti all’estero per le Politiche e i Referendum, non si spiega l’ostinazione di attenersi a una legge vecchia di 30 anni che lo nega alle Europee.
Stiamo parlando di comunità divenute talmente numerose da non poter più essere lasciate ai margini della nostra democrazia. Il rischio non è solo quello di contribuire a spopolare ulteriormente le urne, ma anche di allontanare sempre di più queste preziose comunità di professionisti, “cervelli in fuga”, giovani in cerca di opportunità dal tessuto politico e sociale del nostro Paese.
È ora che il governo riconosca il diritto di voto ai nostri connazionali in primo luogo in Gran Bretagna (esclusi dopo Brexit) e in Svizzera, come primo passo verso una legge che includa tutti gli italiani nel mondo.
Non chiediamo la luna: siamo rimasti tra gli ultimi Paesi membri dell’Unione (e l’ultimo tra i fondatori) a non concedere questo diritto. Segno che i metodi di voto a distanza in sicurezza esistono e sono già ampiamente utilizzati dalla maggior parte delle democrazie – anche dall’Italia stessa per gli altri tipi di elezioni.
È tempo di adeguare la normativa.
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