Nunzio C.
13 min fa
Carla F.
30 min fa
Pierangela C.
30 min fa
Negli Stati Uniti il sistema di finanziamento ai partiti può essere considerato prevalentemente privato; molti sono gli attori che vi prendono parte, dai comitati elettorali ai PACs e Super PACs (organizzazioni che finanziano o organizzano campagne di supporto a diversi candidati), dalle grandi multinazionali ai singoli elettori che decidono spontaneamente di donare al partito. Se nel primo caso possiamo dire dire che la donazione è fatta con l’intento di condizionare a proprio favore le scelte di chi poi sarà eletto, nel secondo, invece, “il ritorno desiderato è la vittoria politica, un obiettivo collettivo e non associato direttamente ad un interesse specifico”, come afferma Nadia Urbinati in un articolo sul quotidiano Domani. La donazione del cittadino, insomma, fa bene alla democrazia, perché è un segno di fiducia verso il partito e un incentivo a sentirsi parte di un progetto politico.
Sarà un caso che in Italia, dove la fiducia verso i partiti è ai minimi termini, donano in pochissimi? Purtroppo no. I cittadini tendono a non finanziare dal basso i partiti, così come a non avvalersi dello strumento del 2×1000 (una forma di finanziamento pubblico che permette ai cittadini, attraverso la dichiarazione dei redditi, di destinare una quota delle proprie imposte a un partito anziché allo Stato). Questa distanza tra cittadinanza e politica è in continua crescita, alimentata, tra le altre cose, da un sistema opaco e per nulla inclusivo.
Mentre negli Stati Uniti, infatti, esiste dagli anni ‘70 una legge, il Federal Election Campaign Act, che ha introdotto le regole sulla trasparenza delle campagne elettorali e obbliga tutte le organizzazioni che partecipano alla campagna di un candidato a rendicontare continuamente, anche più di una volta al mese, i loro movimenti finanziari, in Italia questa trasparenza spesso manca, purtroppo. I partiti non si sono mai dotati di Codici etici sulle donazioni, i tempi per la rendicontazione delle spese sono lunghi e non sempre questa viene presentata in maniera chiara e accessibile alla cittadinanza: capire, insomma, da chi, perché e quanti fondi ricevano i partiti è difficilissimo.
Con un sistema per il finanziamento alla politica tanto opaco non è affatto semplice individuare, regolare e infine punire gli episodi di corruzione e i conflitti di interessi, come hanno dimostrato i recenti scandali che hanno colpito alcune giunte regionali.
Per questo, insieme a Transparency International Italia, Volt Italia e Raise the Wind, abbiamo redatto il Manifesto del finanziamento etico, trasparente e democratico alla politica: una serie di proposte concrete che, da una parte, vietino ai partiti di accettare donazioni da soggetti condannati o che attuano forme di discriminazione, mancano di rispetto per la dignità della persona, violano sistematicamente le normative sulla tutela dell’ambiente e non garantiscono la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro; dall’altra che rendano più trasparente il sistema del finanziamento ai partiti incoraggiando una visione della politica aperta e partecipativa.