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19 Marzo 2021

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Licenziato dopo avere segnalato il covid nella Rsa, vince la causa!

Il caso dell'operatore sanitario Hamala Diop sembra anticipare la direttiva europea sul whistleblowing. Ma quanto costa segnalare, in Italia e in Europa? Abbiamo fatto il punto con l'avvocato giuslavorista Massimiliano Marche

di Fabio Rotondo

Tutti i giornali ne hanno parlato e noi di The Good Lobby non possiamo che esultare: Cheikna Hamala Diop, l’operatore sanitario che aveva denunciato le condizioni di lavoro alla rsa milanese Don Gnocchi nelle prime fasi della pandemia, è stato reintegrato con un verdetto del tribunale del lavoro di Milano! A quanto ci risulta è la prima volta che la legge sul whistleblowing 179/2017 protegge un segnalante, o whistleblower, che si rivolge alla stampa. Questa sentenza sembra anticipare le tutele più ampie previste per i segnalanti, specialmente quelli che si rivolgono ai mezzi di informazione, che verranno introdotte dalla direttiva europea quando verrà recepita anche nel nostro Paese. Aspettiamo comunque di poterne leggere le motivazioni per una valutazione approfondita, ma ci sembra un ottimo segnale.

Il caso Diop: il precedente che aspettavamo

E’ il 7 maggio 2020 quando l’operatore sanitario Cheikma Hamala Diop, 26 anni, denuncia di aver lavorato senza protezioni alla residenza per anziani don Gnocchi di Milano e di aver contratto il Covid-19 per questo motivo. Sia la cooperativa per cui lavora, la Ampast, sia i vertici del don Gnocchi, un colosso della sanità nazionale con oltre 3700 posti letti in nove regioni italiane, non hanno gradito le proteste e le esternazioni di Diop e così lo hanno licenziato. In seguito la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta per strage colposa perché al don Gnocchi sono decedute oltre cento persone durante i primi mesi della pandemia. 

Il 10 marzo, il tribunale del lavoro di Milano, ai sensi della legge 179/2017, approvata anche grazie a una grande mobilitazione di Riparte il Futuro, cioè l’attuale The Good Lobby, ha annullato in primo grado il licenziamento di Diop. Ampast dovrà quindi riassumere Diop, salvo ricorsi in appello, pagargli gli stipendi arretrati oppure versare al dipendente quindici mensilità, pari a poco più di 15.000 euro. Nel frattempo però l’infermiere si è trasferito in Francia: non è sicuro di voler tornare a lavorare per quella cooperativa che anche in udienza lo ha attaccato soltanto per aver esercitato il diritto di cronaca, e probabilmente accetterà l’indennizzo. 

Essere un whistleblower costa molto non solo in termini psicologici ma anche economici.Vi state chiedendo quanto?

Quanto costa denunciare

Grazie all’ultimo rapporto dei ricercatori della NUI Galway e della Warwick Business School abbiamo un quadro sui costi che i segnalanti sostengono, con particolare  riferimento ai Paesi anglosassoni, quindi di Common Law, dove le spese giudiziarie sono più alte rispetto al contesto italiano, che invece affronteremo nel prossimo paragrafo.  

Il rapporto si basa su interviste a 58 whistleblower, 17 esperti e un sondaggio ad altri 92 whistleblower provenienti da varie nazioni come Stati Uniti, Regno Unito, Irlanda, India. Gli ambiti di lavoro dei testimoni sono finanza, sanità, istruzione, media e opere di beneficenza.

I ricercatori hanno scoperto che denunciare può avere un alto prezzo dovuto a: spese legali, spese di viaggio, assistenza sanitaria a causa dello stress, perdita di reddito dovuto al cambio di lavoro. In media, gli intervistati hanno sostenuto costi totali fino a 243.936 euro per la loro segnalazione. 

Il rapporto racconta solo una parte della storia. Non si possono quantificare economicamente le umiliazioni, il mobbing, lo stress psicologico e relazionale di chi denuncia. Proprio come è successo a Diop, il segnalante deve affrontare in tribunale proprio le persone che ha denunciato, le quali spesso si avvalgono di avvocati di grido. I casi possono trascinarsi per anni in tribunale: in un caso citato nello studio un whisteblower ha dovuto aspettare addirittura 14 anni prima di arrivare a una sentenza. I procedimenti legali di lunga durata possono essere costosi anche per i datori di lavoro, se consideriamo che le aziende private pagano le spese legali con fondi che diversamente spetterebbero ad azionisti, dipendenti o che verrebbero investiti Nel caso del settore pubblico il costo della battaglia legale è sostenuta dai cittadini attraverso le tasse, quindi i costi sono di fatto a carico dei contribuenti. 

Il caso italiano

Per capire il contesto italiano abbiamo intervistato l’Avvocato giuslavorista Massimiliano Marche dello Studio Legale Capello di Torino. Nel maggio 2020 l’Avvocato Marche diede a The Good Lobby la disponibilità a difendere pro bono, cioè a titolo gratuito, eventuali whistleblower che sarebbero potuti emergere durante la pandemia. Al momento, purtroppo o per fortuna, non abbiamo ricevuto segnalazioni ma il nostro appello a farsi avanti e denunciare rimane aperto. Secondo l’ultimo rapporto sull’attività sanzionatoria in materia di whistleblowing dell’ANAC, nel 2020 sono stati 21 i procedimenti sanzionatori e le sanzioni irrogate sono state 3, ognuna di importo pari a 5.000 euro. 

Procediamo con l’intervista. 

 

Gentile Avvocato, quanto costa fare causa per mobbing o demansionamento nei tre gradi di giudizio? 

“In 1° grado, secondo il decreto ministeriale 55/2014, in qualità di difensore il costo va tra i 2.000 e i 3.000 euro. In Appello siamo sui 6.000-7.000 euro. In Cassazione circa 4.5000 euro. Se si vince la causa alla fine non spendi nulla [in quanto la controparte dovrebbe rimborsare le spese legali, NdR], ma, se invece si percorrono tutti e tre i gradi di giudizio e si perde il costo può arrivare anche a circa 20.000 euro”. 

Se ve lo state chiedendo, non c’è nessuna differenza di costo se si denuncia il capo di un’azienda o un semplice collega perché bisogna sempre tenere conto dei compensi forensi del decreto 55/2014. 


Si è occupato di cause di whistleblowing recentemente? 

“In queste settimane di un processo per presunto abuso sessuale all’apice di un’altra serie di comportamenti. La vittima si è rivolta all’ufficio del personale e l’azienda, applicando il modello 231, ha licenziato il presunto autore della molestia. Poi ho seguito un’altra causa di licenziamento per discriminazione razziale conclusa con il rigetto della domanda del lavoratore. Avendo perso, costui ha dovuto liquidare le spese anche della controparte per un totale di 5.000 euro circa”. 

Come abbiamo visto con il caso Diop, ai segnalanti tocca andare in tribunale a testimoniare nel procedimento legale (spesso penale, meno spesso amministrativo) che origina dalla loro segnalazione.


E’ frequente il coinvolgimento dei segnalanti nell’eventuale
procedimento penale? Se sì, quali sono gli svantaggi nell’essere teste e non poter godere di un avvocato? 

“Sono coinvolti nel processo perché sono persone offese dal reato. Lo svantaggio di non poter godere di un avvocato è che ti manca l’assistenza tecnica che ti consente di non dire determinate cose o di dirle invece  nel modo giusto”.

 

L’avvocato di ufficio c’è solo per il procedimento penale e non nel procedimento del lavoro. Quindi come si fa? 

“A titolo gratuito, cioè pagato dallo Stato, esiste in tutte le giurisdizioni il gratuito patrocinio. Per potervi accedere bisogna avere un reddito inferiore a 11.500 euro circa all’anno. Per chi ha  redditi superiori c’è la possibilità di rivolgersi al Consiglio dell’Ordine degli avvocati presso il quale lavorano esperti iscritti all’AGI, l’associazione giuslavoristi italiani, che fornisce un elenco di avvocati”. Gli avvocati che fanno parte di questo elenco vanno retribuiti.”

Per l’Avvocato abbiamo ancora due domande sulla Direttiva europea sul whistleblowing. Gliele poniamo nel prossimo e ultimo paragrafo.

 

La Direttiva europea che l’Italia non deve ignorare

Il 7 ottobre 2019 il Parlamento e il Consiglio dell’UE hanno adottato la Direttiva sulla “Protezione delle persone che segnalano violazioni nel diritto dell’Unione”, che:

  • garantisce standard minimi da introdursi in tutti gli Stati membri;
  • armonizza le  diverse regolamentazioni già esistenti in alcuni Paesi;
  • introduce la protezione legale dei whistleblower in quegli Stati membri che non hanno alcuna legislazione in merito.

Per esempio, l’Irlanda ha già delle leggi per proteggere i whistleblower, Cipro invece nessuna. Gli Stati membri avevano due anni di tempo per recepire la Direttiva, quindi entro la fine del 2021, pena l’irrogazione di sanzioni.

La Direttiva si applica sia al settore pubblico sia al privato: entrambi dovranno fornire chiari canali di segnalazione sia interni (all’azienda o all’ente) che esterni (i media, le associazioni o in Procura). Sono tutelati i dipendenti, lavoratori a contratto, liberi professionisti e consulenti, fornitori, ex-lavoratori, stagisti, volontari, in modo da assicurare la parità di trattamento fra lavoratori. Dato che si tratta di standard minimi che prevedono che nel settore privato le misure vengano applicate solo alle aziende con più di 50 dipendenti, gli Stati membri hanno la facoltà di aggiungere dei requisiti su come estendere i canali di segnalazione anche per le aziende più piccole. 

Rispetto al settore pubblico, la Direttiva non copre le aree della sicurezza nazionale e della difesa. Noi ci auguriamo invece che in fase di recepimento nazionale tali previsioni siano estese anche ai lavoratori e alle lavoratrici di questi settori, affinché possano anch’essi beneficiare della nuova legislazione.

L’Italia ha pochi mesi per recepire la Direttiva prima di incorrere in sanzioni e  al momento non ci risulta che le istituzioni si stiano organizzando di conseguenza. Comprendiamo che la pandemia sia una priorità in questo momento e che la recente crisi di governo abbia fatto perdere tempo prezioso (su questo dossier, così come per altri). A livello privato invece? Lo chiediamo all’Avvocato Massimiliano Marche.

In base alle sua esperienza, i suoi clienti, tra cui le aziende, sanno che questa Direttiva entrerà in vigore? 

“Pochissime aziende lo sanno, parliamo di quelle più strutturate e dei grandi gruppi che hanno già implementato le previsioni della direttiva nei propri modelli 231. Quelle più piccole non sanno nulla”. 

Le aziende che ne sono a conoscenza si stanno preparando al recepimento?

“Dalla nostra esperienza no. Rivivo la situazione del recepimento del Regolamento Privacy (il GDPR). In Italia abbiamo un approccio alla compliance tutto nostro e arriviamo sempre un po’ dopo rispetto agli altri”. Ringraziamo molto l’Avvocato Marche e lo Studio Capello per la testimonianza.

I prossimi mesi sono fondamentali: le aziende devono iniziare ad informarsi sui contenuti della Direttiva, mentre il governo e il parlamento devono discuterne il recepimento. L’Italia può alzare i livelli standard di tutela prevedendo i canali di segnalazione anche per le imprese con meno di 50 dipendenti, estendendo la Direttiva anche ai settori della sicurezza nazionale e della difesa e infine mettere a disposizione anche dei canali per le segnalazioni anonime, non previste dalla norma europea. 

I whistleblower hanno un ruolo indispensabile nell’arginare la corruzione e darebbero un servizio essenziale al nostro Paese. Lo Stato deve proteggerli.