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18 Giugno 2025

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Lo scandalo Paragon è tutt’altro che risolto

Lo scorso 4 giugno il Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha rilasciato e approvato la sua relazione finale sul caso di presunto spionaggio di giornalisti e attivisti mediante lo spyware Graphite, fornito alle agenzie di intelligence dall’azienda israeliana Paragon. Molti nodi, però, restano irrisolti. 

di Bianca Dominante

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Secondo il rapporto, i servizi segreti italiani avrebbero effettivamente intercettato, tra il 2019 e il 2021, alcuni attivisti di Mediterranea Saving Humans – tra cui il cofondatore, Luca Casarini, e Giuseppe Caccia -, ma lo avrebbero fatto legalmente e solo previa autorizzazione dell’allora premier Conte. Le intercettazioni sarebbero proseguite anche sotto il governo Draghi, ma l’uso dello spyware Graphite sarebbe iniziato solo a partire da settembre 2024, per volere del Governo Meloni. Gli attivisti sarebbero stati sorvegliati per le loro attività ritenute potenzialmente legate all’immigrazione irregolare. 

Ma sorvegliare e intercettare preventivamente persone impegnate nella solidarietà e nell’attivismo civile, sulla base di generici e tuttora non chiariti “motivi di sicurezza nazionale”, solleva interrogativi etici e politici profondi – anche quando tutto avviene nel rispetto formale della legge. In uno Stato democratico, il dissenso e l’impegno civico dovrebbero essere tutelati, non trattati come minacce da monitorare con strumenti di sorveglianza militare. 

Non sarebbe invece stato intercettato, sempre secondo il Copasir, il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, che mesi fa aveva ricevuto un avviso da Meta sul suo telefono, segnalando un attacco da parte di uno spyware. La relazione ricorda che, nel rapporto pubblicato a marzo 2025 dal centro di ricerca canadese Citizen Lab, non risultavano prove dirette di infezione del suo dispositivo, a differenza di quelli di Casarini e Caccia. 

Questa versione, però, è stata messa in discussione da una nuova inchiesta di Citizen Lab. Il loro ultimo rapporto, recentemente pubblicato, conferma l’uso di Graphite contro un altro giornalista di Fanpage, Ciro Pellegrino, già sospettato di essere stato spiato dalla fine di aprile 2025. Il caso di Pellegrino non era stato preso in considerazione dal Copasir, ma questa nuova analisi potrebbe costringere il Comitato a riaprire le indagini. Tra le vittime, inoltre, ci sarebbe anche un giornalista europeo di alto profilo, che ha scelto di restare anonimo

Ma dice anche altro quella relazione. Spiega, in pratica, che non è così strano che sul telefono di Cancellato non siano state trovate tracce: si tratta infatti di un dispositivo Android, su cui rilevare infezioni è più difficile, mentre quello del suo collega Pellegrino è un iPhone – ed è stata proprio Apple ad avvisarlo dello spionaggio.

Alla luce di queste nuove informazioni, il Copasir potrebbe riprendere le indagini sul caso Paragon. Secondo quanto si legge su Fanpage, non si tratterebbe di una vera e propria riapertura delle indagini, ma di ulteriori verifiche a seguito dei nuovi elementi emersi grazie al rapporto di Citizen Lab. 

C’è poi la questione dei rapporti tra il nostro governo e Paragon. L’azienda israeliana produttrice dello spyware, infatti, sostiene di aver rescisso il contratto con il governo italiano dopo che quest’ultimo avrebbe rifiutato di collaborare all’identificazione dei responsabili dello spionaggio contro Cancellato. Una versione che contrasta apertamente con quanto dichiarato dal Copasir, secondo cui la sospensione del contratto sarebbe stata concordata tra Paragon e i servizi italiani. Di fronte a queste ultime dichiarazioni dell’azienda, il Comitato si è detto pronto a desecretare il resoconto dell’audizione dei rappresentanti di Paragon, per smentirle e difendere la credibilità del proprio operato. 

Nel frattempo, la questione è arrivata anche a Bruxelles. Rispondendo a un’interrogazione presentata da M5S, PD, Verdi e Sinistra, la Commissione europea ha dichiarato che qualsiasi tentativo di accedere illegalmente ai dati di cittadini europei – giornalisti compresi – è inaccettabile, promettendo di attivare tutti gli strumenti a disposizione per garantire il rispetto del diritto europeo sulla protezione dei dati. 

Insomma, la relazione del Copasir avrebbe dovuto mettere un punto sul caso Paragon, ma, al contrario, ha sollevato nuove domande e generato ulteriori dubbi su una vicenda che sembra tutt’altro che chiusa. Perché quando a essere intercettati sono attivisti e giornalisti, la questione non riguarda solo la sicurezza nazionale, ma la salute della nostra democrazia. I cittadini meritano risposte. E soprattutto meritano trasparenza. 

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