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7 Gennaio 2022

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Sorveglianza biometrica: arriva la moratoria italiana, ma è insufficiente

Da poco più di un mese, il Parlamento italiano ha introdotto una moratoria sui sistemi di videosorveglianza che impiegano tecnologie di riconoscimento facciale.

di The Good Lobby

È la prima volta che uno stato dell’UE introduce una moratoria sull’impiego di questi sistemi in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Si applicherà a tutti i soggetti privati e ad alcune autorità pubbliche e sarà in vigore fino al 31 dicembre 2023 a meno che non sia introdotta una nuova legge sul tema della sorveglianza biometrica.

I soggetti privati come ad esempio negozi, palazzetti sportivi e mezzi di trasporto non potranno utilizzare sistemi di videosorveglianza con riconoscimento facciale

Si tratta di un risultato senz’altro importante per la coalizione italiana di Reclaim Your Face di cui facciamo parte insieme a diverse altre organizzazioni perché questo divieto sancisce pubblicamente che l’uso indiscriminato delle tecnologie di riconoscimento facciale rappresenta un pericolo per i diritti e le libertà. 

Allo stesso tempo però la moratoria presenta diversi punti deboli perché non previene completamente l’abuso che le autorità giudiziarie possono fare di queste tecnologie. Vediamo perché.

Troppe eccezioni per le autorità giudiziarie e i pubblici ministeri

Fino a questo momento, le autorità di polizia e quelle giudiziarie (inclusi i pubblici ministeri) avrebbero dovuto chiedere un parere al Garante privacy prima di utilizzare tecnologie come il riconoscimento facciale poiché implicano il trattamento di dati personali che possono avere un grave impatto sui diritti e sulle libertà dei cittadini. 

Con le modifiche introdotte con questa moratoria, l’autorità di polizia giudiziaria e il pubblico ministero sono invece esentati da questo tipo di controllo preventivo da parte del Garante Privacy

Su questo aspetto apparentemente anche il Garante stesso sembra avere un po’ di confusione. In un tweet del suo account ufficiale del  20/12, afferma che i trattamenti effettuati per la prevenzione e repressione dei reati o per l’esecuzione di sanzioni penali devono ancora ottenere un parere positivo dell’Autorità per la privacy prima di poter utilizzare impianti di videosorveglianza e di riconoscimento facciale. 

In realtà invece, l’inciso del comma 12 della legge elimina qualsiasi vincolo per la “autorità giudiziaria” che non dovrà richiedere l’autorizzazione del Garante privacy come il resto della pubblica amministrazione.

Si tratta quindi di un notevole passo indietro.

Questa modifica è ancor più preoccupante perché non vi sono distinzioni sulle tipologie di reato per cui possono essere impiegati né dettagli sulla durata dell’impiego di queste tecnologie. Il codice di procedura penale, infatti, non contiene dettagli e specifiche per l’impiego di sistemi di riconoscimento facciale.

Quindi potremmo trovarci nella situazione in cui un pubblico ministero richiede l’impiego di un sistema di riconoscimento facciale in tempo reale per verificare l’identità delle persone che si incontrano con una persona indagata mentre questa è in una piazza pubblica, dove transitano altre centinaia di persone che nulla hanno a che vedere con l’indagine ma i cui dati biometrici vengono comunque raccolti e analizzati dal sistema di riconoscimento facciale. 

Come siamo arrivati qui

Il Garante privacy ha già sottolineato la pericolosità del riconoscimento facciale in tempo reale nel suo parere al Ministero dell’Interno: l’uso del riconoscimento facciale e di altre identificazioni biometriche negli spazi pubblici costituisce una sorveglianza di massa, anche quando le autorità stanno cercando individui specifici presenti in una watch-list. 

Questo perché, come hanno sottolineato il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) e il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB), i dati personali e la privacy di chiunque passi in quello spazio sono indebitamente violati da tale sorveglianza.

Di fatto, questa legge segue e porta agli estremi quanto previsto dal regolamento proposto dalla Commissione Europea sull’intelligenza artificiale (AI Act) che pur introducendo la possibilità di vietare tecnologie di sorveglianza biometrica crea ampie eccezioni per quanto riguarda le attività di polizia e giudiziarie. 

Inoltre, recentemente sono trapelate le intenzioni del Consiglio dell’Unione Europea di rendere possibile ad attori privati di operare sistemi di sorveglianza biometrica di massa per conto delle forze di polizia, e di estendere gli scopi per cui tali sistemi possono essere utilizzati nell’ambito della proposta di legge sull’intelligenza artificiale dell’UE. I piani sono delineati in un rapporto sullo stato di avanzamento delle discussioni pubblicato da Statewatch

Un passo indietro è stato fatto quindi anche in Italia con le eccezioni concesse alle autorità di polizia giudiziaria e ai pubblici ministeri. La moratoria adottata è comunque un risultato importante, che ci ricorda ancora di più però come l’unica soluzione accettabile sia ottenere il divieto di utilizzo di tutte le tecnologie per la sorveglianza biometrica nei confronti di tutti i soggetti, e non solo limitato al riconoscimento facciale.