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Migliaia di firme per il diritto al voto a distanza

Il comitato IoVotoFuoriSede e The Good Lobby promuovono una petizione perché il provvedimento sia inserito nel pacchetto di riforme della legge elettorale.

Succederà di nuovo per il referendum del 20-21 settembre, quando saremo chiamati a esprimerci sul taglio dei parlamentari: per colpa di una legge obsoleta risalente agli anni Sessanta, circa 2 milioni di cittadini in mobilità dovranno decidere se affrontare lunghi, costosi e – in tempi di pandemia – potenzialmente rischiosi viaggi per andare a votare nel proprio Comune di residenza, oppure decidere di astenersi.

Lo denuncia il Comitato civico IoVotoFuoriSede che, insieme all’organizzazione The Good Lobby, ha già raccolto oltre 7.500 firme sul sito www.iovotofuorisede.it per chiedere a Governo e Parlamento di inserire questo tema di massima urgenza nel pacchetto di riforme della legge elettorale.

La petizione sta girando proprio in queste ore sui social network, anche grazie al contributo di Casa Surace, la casa di produzione video – nota per i divertenti video sulla vita quotidiana dei “fuori sede” italiani – che si è prestata a promuovere l’iniziativa con una serie di video-stories pubblicate sui suoi profili Facebook e Instagram

“La legge in vigore è del tutto inadatta alle caratteristiche della società attuale” – denuncia Stefano La Barbera, presidente del Comitato – “Si tratta di studenti e lavoratori fuori sede, specialmente giovani tra i 18 e i 35 anni che si spostano, spesso da Sud a Nord, per formazione o alla ricerca del primo impiego. Una situazione paradossale se si pensa che con l’Italicum il governo ha già affrontato e risolto questo problema per i cittadini temporaneamente all’estero, come gli studenti Erasmus.”


Per spingere il Parlamento a legiferare, è stato depositato un ricorso pilota per conto di un gruppo di elettori che, in occasione delle elezioni politiche del 2018, sono stati costretti a sostenere ingenti spese di viaggio per votare o hanno dovuto rinunciare per via dei costi troppo elevati. L’obiettivo è presentare altri ricorsi e arrivare di fronte alla Corte Costituzionale per far valere il principio del diritto al voto.

Guardando all’Europa, è evidente come il nostro Paese sia in ritardo nell’adeguamento della normativa agli standard democratici internazionali. In Svizzera, Spagna e Irlanda, ad esempio, è possibile votare per corrispondenza; in Francia e in Belgio si può delegare il voto; in Danimarca si può votare in anticipo, in un seggio speciale allestito per l’occasione presso il luogo in cui si è domiciliati; mentre in Germania è ammesso sia il voto per corrispondenza, sia il voto in un altro seggio, nei Paesi Bassi è consentito delegare o votare in un altro seggio.

In Italia, invece, solo determinate categorie di lavoratori, corpi militari, forze di polizia, vigili del fuoco e naviganti marittimi o aviatori, possono votare al di fuori del comune di residenza in occasione delle elezioni nazionali. Per tutti gli altri elettori sono previste solo alcune limitate agevolazioni sui costi di viaggio.

Il problema ha delle importanti ripercussioni anche sull’affluenza alle urne: se guardiamo ai dati delle ultime elezioni politiche del 2018, la media nazionale è stata del 73% ma la percentuale scende di ben 7 punti nelle regioni meridionali (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna). Si tratta di centinaia di migliaia di elettori che mancano all’appello e tra questi una larga parte sono i cittadini in mobilità.

“Abbiamo deciso di affiancare l’iniziativa IoVotoFuoriSede – spiega Federico Anghelé, direttore dell’ufficio italiano di The Good Lobby, organizzazione che si occupa tra le altre cose di incubare i progetti virtuosi promossi da cittadini e associazioni – perché il tema è di un’urgenza massima, considerando anche il rischio di nuove ondate dell’epidemia di Coronavirus, con conseguenti periodi di lockdown o di limitazione degli spostamenti. È ora di dire basta ai viaggi costosi e rischiosi per andare a votare, soprattutto con una pandemia in corso.”

Sul sito è aperta anche una raccolta fondi per sostenere l’iniziativa e contribuire alle azioni di campaigning per ottenere una risposta tempestiva da parte di Governo e Parlamento.
“È una battaglia di civiltà, così trasversale che ci aspettiamo risposta da parte di tutte le forze politiche”, conclude Federico Anghelé.