14 organizzazioni del terzo settore hanno presentato oggi alla Camera le loro proposte per rendere le decisioni pubbliche più trasparenti e partecipate
È stata presentata oggi alla Camera la coalizione #Lobbying4Change formata da 14 organizzazioni della società civile: Altroconsumo, Associazione Antigone, Calciosociale, Cittadinanza Attiva, Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili, Cittadini per l’aria, CIWF Italia, Equo Garantito, Fondazione Etica, ISDE – Associazione Medici per l’Ambiente, LIPU – Lega Italiana Protezione Uccelli, Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, Slow Food Italia, The Good Lobby- che chiedono di accelerare l’iter di approvazione della legge sul lobbying ora in discussione in Commissione Affari Costituzionali.
“Siamo 14 organizzazioni dai profili, dalle storie, dalle esperienze molto diverse, ma accomunate dalla battaglia per decisioni pubbliche più trasparenti e inclusive, che tengano conto anche del parere e del punto di vista di chi come noi, pur difendendo i diritti dei consumatori, la salute, l’ambiente, i diritti civili, la sostenibilità, e più in generale l’interesse pubblico e il bene comune, vengono troppo spesso esclusi dal dibattito politico. Alla Camera l’iter delle proposte di legge è avviato e i testi presentati da esponenti delle maggioranza sono più che soddisfacenti. Se non ora, quando?: ” dichiara Federico Anghelé direttore di The Good Lobby, associazione promotrice della coalizione.
La pandemia ha evidenziato infatti quanto sia urgente regolamentare il lobbying e renderlo più partecipato. Lo confermano anche i dati dello studio Interest Representation during the Coronavirus Crisis, condotto dalle Università di Amsterdam, Copenhagen e dal Trinity College di Dublino, intervistando 1.443 gruppi di interessi di 10 Paesi europei diversi, tra i quali anche l’Italia.
Fra il 20% dei soggetti intervistati che ha visto diminuire le interazioni con i decision makers figurano soprattutto le organizzazioni della società civile, che hanno quindi subito una contrazione delle attività di rappresentanza degli interessi superiore a quella del mondo business. Dalla ricerca emerge anche come il settore corporate percepisca mediamente di aver influenzato molto più le scelte della politica di quanto non sia accaduto per i soggetti non profit, in Italia così come in altri Paesi dell’UE.
Con l’arrivo del Recovery Fund europeo, assisteremo alla più grossa iniezione di fondi pubblici nel sistema economico italiano dai tempi della Seconda guerra mondiale, oltre 200 miliardi di euro. Senza una legge sul lobbying capace di garantire effettiva trasparenza e partecipazione della società civile, c’è il rischio che la politica finisca per favorire solamente chi è più avvantaggiato nei rapporti con il potere e tutti quei soggetti più pronti ad “accogliere” gli investimenti pubblici, escludendo dal piano di “recupero” per il Paese le categorie maggiormente colpite e i portatori di interessi generali che hanno più limitata capacità di farsi ascoltare.
La congiuntura politica per regolamentare finalmente il lobbismo potrebbe essere perfetta. Silvia Fregolent (Italia Viva), Marianna Madia (PD) e Francesco Silvestri (M5S), parlamentari appartenenti ai tre principali azionisti della maggioranza di governo hanno presentato disegni di legge in merito e durante il ciclo di audizioni in Commissione affari costituzionali, iniziato nel febbraio di quest’anno, tutti i soggetti ascoltati, partendo dalle società di lobbying fino ad arrivare alla società civile, hanno espresso il parere favorevole sulle proposte in esame, rimarcando la necessità e l’urgenza di regolare il lobbying nel nostro Paese.
A questo si aggiunge il supporto mostrato dalle oltre 11.000 persone che hanno firmato la petizione per una legge sul lobbismo lanciata da #Lobbying4Change sul sito di The Good Lobby.
Insomma, la maggioranza sembra avere la strada spianata: se la legge non si farà di chi sarà la colpa?