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Whistleblowing, in Italia 2 segnalazioni a settimana nel settore privato

The Good Lobby, consulente scientifico del nuovo report di EQS commenta i dati dell’indagine

  • Il 13% delle segnalazioni è relativo a sospetti casi di corruzione;
  • Il canale maggiormente diffuso per la ricezione delle segnalazioni è la casella e-mail, dato che dimostra uno scarso livello di consapevolezza circa l’attenzione da prestare alla sicurezza informatica e alla tutela della riservatezza dei dati personali;
  • Le segnalazioni ricevute dal top management sono lo 0% del totale, mentre quelle ricevute da dirigenti solo l’1%
  • il 40% delle aziende intervistate non è in grado di stimare i tempi previsti per la chiusura delle indagini scaturite dalle segnalazioni ricevute, indicatore che evidenzia la necessità di implementare al più presto la Direttiva europea, che impone di definire tempistiche certe di risposta, gestione e chiusura dei casi.

Sono pubblici i dati dell’indagine condotta da EQS Group Italia, la prima in Italia che analizza la gestione del whistleblowing nelle imprese italiane di cui The Good Lobby è stata consulente scientifico.  L’indagine è stata condotta su 162 aziende di ogni dimensione (da meno di 50 a oltre 10 mila dipendenti) che operano in uno svariato numero di settori. Il quadro che ne esce è: va tutto bene, ma non è abbastanza.

A cinque anni dall’entrata in vigore della legge a protezione dei whistleblower (n° 179/2017) che The Good Lobby ha contribuito a fare approvare, emerge infatti che quattro aziende italiane su cinque (78%) hanno implementato un sistema di segnalazione interno. Alta è la media delle segnalazioni ricevute, che raggiunge quota 142 all’anno, per un totale di 1 segnalazione da whistleblowing ogni 2,5 giorni (2 a settimana). 

Con il 17% di imprese che utilizza solo una semplice email per raccogliere le segnalazioni, sono però ancora troppe le aziende che non hanno consapevolezza dei rischi per la sicurezza informatica del contenuto delle segnalazioni e per la riservatezza del segnalante. Bene invece sull’anonimato: la stragrande maggioranza delle aziende intervistate accetta le segnalazioni anonime. Se da un lato le linee guida di Confindustria lasciano discrezionalità agli operatori su questo punto, motivate da preoccupazioni di diffamazione dei segnalati, la realtà dimostra che se una segnalazione è fondata l’azienda ha tutto l’interesse a indagarla, e lo fa.

Il 13% delle tipologie di possibili reati segnalati nel 2021 riguardava casi di corruzione. Questo dato è piuttosto significativo e, pensando ai rischi derivanti dall’utilizzo improprio dei fondi del PNRR, potrebbe essere destinato a crescere. Per questo motivo è urgente recepire la direttiva europea n. 2019/1937, che aumenta le tutele per chi segnala non solo internamente alle aziende ma anche esternamente (media, organizzazioni non profit)  L’Italia avrebbe tempo fino al 10 dicembre 2022, in base all’ultima delega che il Governo ha ricevuto dal Parlamento, il che è come dire ora o mai più.

Desta stupore leggere che, su 162 aziende intervistate, di qualsiasi dimensione o settore di attività, nessuna segnalazione è pervenuta dal top management. Questo dato merita una riflessione ulteriore: come si comporta, ancora oggi e al netto dei claim di sostenibilità aziendale di gran moda, la classe dirigente di fronte ai reati societari?

Altro dato significativo che emerge dall’indagine di EQS Group è quello relativo ai tempi di gestione e chiusura delle indagini interne, che rileva un circa 40% di rispondenti non in grado di stimare le relative tempistiche – indicatore che evidenzia la necessità di rivedere questo passaggio del processo, una volta recepita la Direttiva anche nel nostro Paese. Essa, infatti, prevede tempistiche di risposta, gestione e chiusura dei casi definite. Bene, invece, il risultato per le aziende con più di 5.000 dipendenti, la cui maggioranza dichiara di riuscire a chiudere i casi entro i 90 giorni previsti dalla normativa europea.

Questa survey ha un grande valore perché è la prima nel suo genere e solo attraverso la conoscenza dei dati di realtà si possono effettuare valutazioni e miglioramenti” ha commentato Priscilla Robledo. “Il quadro che ne esce è confortante: in attesa dell’iniziativa del legislatore, dal quale aspettiamo da un anno il recepimento della Direttiva, le aziende private si stanno già muovendo sul fronte organizzativo e dimostrano di avere capito il valore dello strumento del whistleblowing, sebbene ci siano margini di miglioramento. Ovviamente non basta, la Direttiva va recepita quanto prima al fine di assicurare una piena tutela dei e delle segnalanti. In base al sondaggio, il 13% dei casi segnalati nel 2021 era di potenziale corruzione. Mi rivolgo al legislatore: il whistleblowing ha una chiara funzione preventiva, non dimentichiamolo”.