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Firma per proteggere meglio chi segnala corruzione e illeciti!

Petizione vinta!

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E' ufficiale: la direttiva europea sul whistleblowing è stata finalmente recepita e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 15 marzo. Era l’ultimo tassello che mancava prima di dichiarare vinta la nostra campagna per potenziare la normativa a tutela di chi segnala illeciti sul posto di lavoro. Un grande passo avanti per la lotta alla corruzione nel nostro Paese ma con qualche zona d’ombra che permane. Rimarremo in osservazione aspettando il report ANAC che ne valuterà l’impatto effettivo nel corso del prossimo anno e avanti così!

Petizione diretta alla Ministro della Giustizia Carlo Nordio, al Governo e al Senato

Petizione di

In collaborazione con:

Globaleaks
Transparency International Italia
Hermes Center for Transparency and Digital Rights
Info.nodes
Operazione Vetro

Dobbiamo fare di tutto per evitare che I fondi del Recovery Plan finiscano in mano al malaffare. Non possiamo più rimandare il recepimento della direttiva europea a difesa di chi segnala illeciti e corruzione, i segnalanti civici. La legge italiana è insufficiente: non protegge i lavoratori del settore privato e chi segnala ai media o alle organizzazioni non profit. Firma per avere subito una legge!

Chiediamo che il Governo dia piena attuazione alla direttiva europea sulla protezione di chi segnala illeciti sul luogo di lavoro. Avremmo dovuto recepire questa legge entro il 17 dicembre 2021, come stabiliscono le indicazioni dell’Unione Europea approvate anche dal nostro Paese, ma lo stiamo solo facendo ora con grande ritardo! 

Perché questa direttiva può fare la differenza per la vita di molte persone

La direttiva europea prevede nuove forme di protezione per i segnalanti rispetto all’attuale legge italiana. Tra le novità più rilevanti:

  • Ampie tutele contro la discriminazione dei segnalanti. Non solo i lavoratori, ma anche gli ex-dipendenti, i consulenti, i volontari, insomma chiunque sia coinvolto lavorativamente nell’attività di un ente pubblico o privato, segnalando una sospetta attività illecita di cui sia venuto a conoscenza, sarà protetto da ogni forma di ritorsione, come, per esempio, il licenziamento, il demansionamento e la riduzione dello stipendio.
  • L’obbligo per le imprese con più di 50 dipendenti di istituire più canali interni per le segnalazioni, gestiti da personale dedicato, di cui almeno uno in grado di assicurare la riservatezza del segnalante.
  • L’introduzione di canali esterni. Il segnalante potrà scegliere di denunciare il sospetto illecito tramite appositi canali al di fuori della propria azienda o amministrazione e non sarà, quindi, obbligato a farlo in prima battuta all’interno dell’ente o azienda per cui lavora.
  • La possibilità di segnalare pubblicamente il sospetto illecito, anche tramite giornalisti e ONG, in caso di pericolo oppure di occultamento delle prove del presunto illecito.

Nella direttiva viene ribadito l’obbligo di proteggere i dati personali dei segnalanti. La loro identità deve essere trattata con la massima confidenzialità e non deve essere resa nota, per esempio, al datore di lavoro, al dirigente o ai colleghi.

L’Italia è obbligata dal punto di vista giuridico a introdurre queste disposizioni a livello nazionale. Purtroppo, però, il nostro Paese ha spesso violato questi obblighi, recependo le direttive male e/o in ritardo. Sulle nuove tutele per i segnalanti, non ci possiamo permettere di ripetere gli errori del passato. Al contrario, migliaia di voci di giustizia hanno bisogno di essere protette da queste norme con la massima urgenza.

Perché non possiamo permetterci ulteriori ritardi

L’implementazione della direttiva europea è un’opportunità che non possiamo mancare proprio ora: con l’arrivo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il nostro Paese ha bisogno di una rete di legalità capillare che coinvolga tutti i cittadini. Per questo, anche chi lavora nelle pubbliche amministrazioni o nelle imprese che riceveranno i fondi europei deve avere al più presto tutti gli strumenti per segnalare un possibile illecito (per esempio, frodi, casi di corruzione, reati ambientali o violazioni delle norme sulla sicurezza), senza rischiare di perdere il posto di lavoro o di subire ritorsioni.

Il nostro Paese ha già perso troppo tempo. Il Governo aveva due anni per implementare la direttiva, ma lo sta facendo solo ora. Questo ha fatto scattare l’inizio di una procedura di infrazione da parte dell’UE  che potrebbe tramutarsi in sanzione economica se non recuperiamo in fretta questo ritardo.

Ora, dopo l’approvazione finale della legge di delegazione europea in Parlamento del 2 agosto, il Governo ha finalmente emanato lo schema di decreto legislativo, ed ha tempo fino al 10 marzo per perfezionarlo sulla base del parere delle Commissioni competenti. Da una prima analisi ci sembra aderente alla direttiva per quel che è obbligatorio introdurre; ci sono però alcuni aspetti che non ci convincono del tutto e che avremmo preferito fossero formulati meglio.

Perché il Governo deve migliorare le tutele previste

La direttiva prevede standard minimi di protezione. Nel recepimento delle norme europee, i singoli stati membri possono quindi aggiungere ulteriori forme di protezione. Per questo, vogliamo che la rapida trasposizione della direttiva europea includa anche misure specifiche per offrire una maggiore tutela dei segnalanti civici in Italia. 

In particolare, chiediamo che il Governo assicuri che:

  • I segnalanti civici vengano sempre tutelati e che le misure di protezione non siano limitate alle violazioni della normativa europea in un numero ristretto di ambiti (ad esempio, la tutela dell’ambiente, gli appalti pubblici e la salute pubblica), come prevede la direttiva. Vogliamo che queste restrizioni vengano superate, altrimenti alcuni lavoratori non potrebbero godere degli stessi diritti. Il Governo deve garantire quindi la protezione anche di chi segnala presunte violazioni del diritto italiano, minacce oppure danni all’interesse pubblico.
  • Quando la segnalazione dà luogo a un procedimento penale, l’identità del segnalante sia protetta durante tutte le fasi del processo.
  • Quando è necessario rivelare un segreto commerciale per fare una segnalazione, il segnalante sia esonerato dalla relativa responsabilità civile e penale. I segreti commerciali non possono essere usati come un lasciapassare per compiere attività illecite: la legalità e la protezione dei segnalanti devono avere la priorità.
  • Le autorità competenti siano obbligate ad accettare e investigare adeguatamente anche segnalazioni ricevute in forma anonima
  • Anche i lavoratori dei settori della difesa e della sicurezza nazionale, esclusi dalle disposizioni europee, siano tutelati, grazie a canali specifici per ricevere segnalazioni in questi campi.

Proteggiamo di più i cittadini che agiscono per il bene di tutti

Firma anche tu la nostra petizione per proteggere le voci di giustizia! Insieme, possiamo tutelare chi rifiuta di tacere di fronte all’omertà, all’illegalità, al furto della cosa pubblica e del nostro futuro. Grazie al sostegno di 182.074 cittadini, la protezione dei segnalanti è ora una priorità in Europa; grazie alla tua firma, potrà diventare una realtà anche in Italia.

La Direttiva europea sul whistleblowing (2019/1937), adottata due anni fa dalle Istituzioni europee, non è ancora stata recepita nel nostro Paese e a soli 30 giorni dal termine ultimo per la trasposizione c’è un preoccupante silenzio da parte delle Autorità italiane.

L’Italia rischia di finire sanzionata da parte dell’Unione Europea dato che non ha rispettato i termini per il recepimento della direttiva.

Il problema non riguarda solo il ritardo accumulato ma, soprattutto, la totale mancanza di trasparenza del processo. Non vi è infatti mai stato un coinvolgimento di stakeholder esterni, tramite consultazioni, audizioni o tavoli di lavoro, lasciando che l’elaborazione del disegno di legge di trasposizione facesse il suo iter fin qui nella più totale oscurità. Il tutto in assoluto contrasto con le indicazioni, in termini di trasparenza, indicate dal Presidente Draghi sin dal suo discorso per la fiducia alla Camera e al Senato.

Per questo motivo, assieme a Transparency International Italia, abbiamo scritto una lettera alla Ministra della Giustizia Cartabia e al Presidente Draghi.

Non è dappertutto così e c’è chi fa meglio di noi. Ben 13 Paesi dell’Unione, tra cui Francia, Spagna e Portogallo, hanno posto i disegni di legge in consultazione ormai mesi fa, in modo da raccogliere i commenti e le proposte di tutti i soggetti interessati. Laddove non ci sono state consultazioni, le organizzazioni della società civile hanno avuto la possibilità di incontrare i Ministri della Giustizia (come in Romania e Slovenia) o di partecipare a tavoli di lavoro (come in Croazia e Bulgaria). In ogni caso, nella maggior parte degli Stati membri la proposta di trasposizione è pubblica e liberamente consultabile, cosa che non avviene in Italia che si colloca così alla stregua di Stati che ancora non hanno iniziato il processo di recepimento come Cipro e Malta.

La Direttiva andrebbe ad inserirsi in un quadro normativo definito dalla legge sul whistleblowing del 2017, che prevede già importanti tutele per il segnalante, ampliando però il novero dei soggetti tutelati e andando a ricomprendere anche i lavoratori del settore privato.  Le novità più significative che dovranno essere introdotte riguardano anche la tipologia di ritorsioni, le misure di tutela e sostegno ai segnalanti e le sanzioni, affinché queste possano avere l’efficacia pratica che è sembrata mancare in questi anni.

The Good Lobby  e Transparency International Italia chiedono al Governo di garantire maggiore pubblicità al processo di trasposizione e un pieno coinvolgimento degli stakeholder. Nello specifico, le due organizzazioni chiedono che:

  • sia pubblicamente fornito un aggiornamento sullo stato di avanzamento del processo di trasposizione della Direttiva 2019/1937;
  • sia data la possibilità agli stakeholder esterni di poter fornire le proprie osservazioni e commenti sulla proposta di decreto elaborata dal Governo tramite consultazione, audizioni o altre modalità, in modo da garantire un adeguato confronto sul tema e tenere in considerazione i molteplici punti di vista indispensabili per delineare leggi efficaci.

 

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