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27 Giugno 2025

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Voto, astensionismo e fiducia: non dimentichiamo la batosta del referendum

Ripartiamo dai risultati del nostro questionario per immaginare proposte e soluzioni

di Laura Ghisellini

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  • Nicola G.

    6 giorni fa

  • Giampaolo G.

    9 giorni fa

  • Sergio L.

    10 giorni fa

La democrazia vive di partecipazione. Ma cosa succede quando le urne si svuotano, e, in particolare, come è successo poche settimane fa, gli sforzi politici ed economici per mettere in piedi un intero referendum vanno in fumo a causa del mancato raggiungimento del quorum?

L’astensionismo non è solo un segnale di disinteresse, ma un campanello d’allarme che mette in crisi l’intero sistema democratico. Per riflettere e soprattutto cominciare a ragionare sulle prossime mosse – perché non vogliamo arrivare alle prossime elezioni senza che nulla sia cambiato – abbiamo condotto un sondaggio tra i nostri utenti e followers (1.947 partecipanti) che offre una prospettiva interessante su come i cittadini e le cittadine percepiscono il problema e quali soluzioni propongono.
Come organizzazione che si batte per incentivare la partecipazione democratica ripartiamo da qui.

 

Il referendum: un istituto da riformare

Negli ultimi anni, in Italia si è assistito a un fenomeno sempre più evidente: il mancato raggiungimento del quorum ai referendum. Ciò ha sollevato interrogativi sulla funzionalità di questo strumento di democrazia diretta (l’unico di cui disponiamo) e ha spinto molti a chiedersi se sia necessario un suo “profondo ripensamento”, come confermato dal 44,7% delle risposte al sondaggio. Il 43,1% degli intervistati crede che il referendum vada solo “parzialmente riformato”. Mentre per l’8,5% deve “rimanere così com’è”.

 

Perché il quorum non viene raggiunto? 

Il sondaggio ha cercato inoltre di indagare le ragioni del mancato raggiungimento del quorum, che richiede ad oggi la partecipazione della metà + 1 degli aventi diritto al voto. La ragione principale, indicata dal 53,4% degli intervistati, è la “crescente tendenza generale all’astensionismo”, mentre il 22,9% attribuisce la responsabilità alla “scarsa informazione e promozione”. Infine, il 10,7% punta il dito sulla “scelta dei quesiti proposti, percepiti come poco rilevanti”.

 

Come riformare il quorum?

Alla domanda cruciale sulla riforma del quorum, il 43,2% degli intervistati propone di “abolirlo”, mentre il 38,1% ritiene che andrebbe “abbassato”. Soltanto l’11% preferirebbe lasciarlo così com’è, “agendo sul livello di informazione” a supporto.

Questo dato indica una spaccatura tra chi vorrebbe eliminare completamente questa soglia di validità e chi la considera comunque un presidio da mantenere, seppur con modifiche.

 

Cosa succederebbe se il quorum venisse abbassato?

Il sondaggio ha anche esplorato la possibilità di un abbassamento del quorum, chiedendo cosa succederebbe al numero di firme necessarie per proporre un referendum. Il 50,1% degli intervistati opterebbe per “lasciare a 500.000 il numero delle firme”, mentre il 41,6% propone di “aumentarlo a un milione”. Questo dato è significativo: una parte consistente dei cittadini, pur volendo un referendum più accessibile, non sembra disposta a rinunciare completamente a un filtro che garantisca la serietà e la rilevanza delle proposte.

 

In conclusione, la maggioranza dei partecipanti crede che sia necessario un cambiamento radicale e che riguardi l’intero pilastro democratico del voto. La crisi di fiducia nella politica e la sensazione che il proprio parere non serva a nulla sono elementi che concorrono a mettere in crisi la partecipazione.

Tuttavia, l’auspicata riforma del referendum deve essere affiancata a una più ampia riflessione sulla necessità di ricostruire il legame tra cittadini e istituzioni. È fondamentale anche agire sulla qualità dell’informazione fornita agli aventi diritto in vista degli appuntamenti elettorali, sulla facilità dell’accesso al voto, sull’implementazione di strumenti digitali che permettano di agevolare le procedure.

A cominciare dal rendere il voto fuori sede un diritto per tutti e tutte coloro che vivono lontani dal proprio Comune di residenza – come richiesto dalla nostra campagna Io Voto Fuori Sede – fino alla riforma dell’istituto referendario.

Ci proponiamo dunque di raccogliere una serie di proposte in tempi brevi perché crediamo che, alla reazione emotiva dovuta al fallimento dell’ennesimo referendum, debba seguire un piano strutturato e realistico per riportare i cittadini alle urne per tutti i tipi di elezioni.

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