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10 Luglio 2024

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È l’ora di vietare la pubblicità dei combustibili fossili?

Lo scorso giugno, in occasione della Giornata mondiale dell'ambiente, il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha pronunciato un discorso di grande impatto, descrivendo l'industria dei combustibili fossili come "padrini del caos climatico".

di The Good Lobby Italia

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Nel suo discorso, Guterres chiede di vietare la pubblicità dei combustibili fossili e di invitare le società di pubbliche relazioni e di lobbying a interrompere i legami con i clienti dei combustibili fossili. L’appello all’azione del Segretario generale dell’ONU non è solo un grido d’allarme, ma si allinea anche alle conclusioni della COP28, che prevedevano l’impegno a eliminare gradualmente i combustibili fossili.

 

L’impulso a vietare la pubblicità dei combustibili fossili

 

Le osservazioni di Guterres arrivano al momento giusto. Se da un lato la COP28 ha prodotto alcune conclusioni preziose e necessarie, dall’altro la conferenza è stata fortemente influenzata dalle lobby dei combustibili fossili. Il Corporate Observatory Europe ha rilevato che, complessivamente, le lobby dei combustibili fossili avrebbero costituito la delegazione più numerosa, superata solo dagli Emirati Arabi Uniti (che hanno ospitato la conferenza) e dal Brasile (che ospiterà la COP30).

Poiché le giurisdizioni di tutto il mondo sono sempre più sensibili alla pubblicità dei combustibili fossili, è giunto il momento di accelerare gli sforzi. I Paesi di tutto il mondo stanno iniziando a rispondere a questi appelli. World Without Fossil Fuel Ads, sviluppato dall’organizzazione leader della campagna Reclame Fossielvrij (Pubblicità senza combustibili fossili), ha monitorato sia i progetti legislativi completati che quelli in corso volti a limitare la diffusione della pubblicità sui combustibili fossili.

La Francia ha già compiuto passi significativi vietando la pubblicità dei combustibili fossili. Più recentemente, nel marzo 2024, il Parlamento irlandese ha proposto una serie di disegni di legge volti a vietare la pubblicità dei combustibili fossili. Queste misure mirano a combattere la pervasiva influenza delle aziende produttrici di combustibili fossili sul comportamento dei consumatori e sul discorso pubblico. Limitando la portata delle pubblicità dei combustibili fossili, queste norme contribuiscono a spostare la percezione pubblica verso fonti e pratiche energetiche più sostenibili.

Tuttavia, l’impatto di questi divieti rimane limitato. Il divieto francese riguarda solo la promozione diretta dei combustibili fossili (ad esempio la pubblicità di prodotti petroliferi), il che significa che i prodotti altamente inquinanti, come le automobili o gli aerei, restano esenti. Il divieto non riguarda nemmeno la visibilità attraverso la sponsorizzazione, il che significa che le aziende produttrici di combustibili fossili sono libere di commercializzare i loro prodotti in occasione di eventi di alto profilo, come ad esempio la Formula 1. Tuttavia, altre iniziative sono più severe. Nel 2020, la città di Amsterdam ha vietato nelle stazioni della metropolitana le pubblicità che promuovono i combustibili fossili, ma anche le auto inquinanti e i viaggi aerei a basso costo. Lentamente, sta emergendo un progetto di standard replicabili.

 

La necessità di una riforma più ampia: regolamentare i lobbisti e le agenzie di pubbliche relazioni

 

Pur essendo lodevole, il divieto di pubblicità è solo una parte della soluzione. È urgente affrontare la questione più ampia dell’influenza dannosa degli “abilitatori”, come li chiama Guterres: le società di lobbying e le agenzie di pubbliche relazioni che difendono gli interessi dell’industria dei combustibili fossili. Queste entità svolgono spesso un ruolo cruciale nella definizione delle politiche, spesso a scapito della trasparenza e della responsabilità. Fino a che punto è legittimo che queste aziende diffondano informazioni false o fuorvianti ai politici? Questa domanda tocca il cuore della governance etica della rappresentanza di interessi.

La governance delle pratiche di lobbying deve essere ripensata. La rappresentanza degli interessi è un input necessario in democrazie sane, tuttavia è importante salvaguardare il processo decisionale da attori che fanno pressione in modo fuorviante per difendere posizioni che mettono direttamente in pericolo il benessere del nostro pianeta. Riformando le modalità di regolamentazione delle attività di lobbying e di pubbliche relazioni, possiamo ridurre la perniciosa influenza delle aziende produttrici di combustibili fossili e promuovere un futuro più sano e sostenibile.

Come affrontare esattamente le pratiche di lobbying è una questione a sé stante. Un divieto assoluto, stabilito da una legge ad hoc, potrebbe essere difficile da realizzare. Per questo motivo, le parti interessate dovrebbero concentrarsi sulle leggi e sui meccanismi esistenti e valutare se questi possono essere sfruttati per combattere gli effetti deleteri del lobbismo sui combustibili fossili. Un’idea potrebbe essere quella di sostenere che il lobbismo sui combustibili fossili costituisce un esempio di “pratica commerciale sleale” ai sensi della Direttiva europea sulle pratiche commerciali sleali.

Inoltre, andrebbe esplorato il concetto di “emissioni di servizio”, ossia di emissioni relative a questioni su cui i fornitori di servizi professionali (avvocati, lobbisti, consulenti) forniscono consulenza. Mentre l’UE sta adottando standard sempre più severi contro il greenwashing quando si tratta di pratiche tra imprese e consumatori (ad esempio, la Direttiva sulle “rivendicazioni verdi”), anche le relazioni tra imprese dovrebbero essere esaminate.

Che si tratti di interpretare in modo nuovo e progressivo le disposizioni esistenti o di sostenere una migliore attuazione nella legislazione secondaria, è giunto il momento per gli attori del clima di mobilitare tutti gli strumenti disponibili per sfidare finalmente i “padrini del caos climatico”. 

 


Questa è una traduzione dall’inglese dell’articolo scritto da The Good Lobby

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