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22 Maggio 2020

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Dati aperti per fermare il contagio

Che ruolo hanno avuto i dati nella risposta al coronavirus? Un confronto con Donata Columbro (Dataninja) e Andrea Borruso (OnData)

di The Good Lobby

Per potere affrontare la crisi che stiamo vivendo serve trasparenza sui dati, sanitari e non solo. Può sembrare assurdo ma a distanza di mesi dall’inizio della pandemia le Regioni non hanno diffuso dati uniformi e coerenti sul numero dei tamponi effettuati, per non citare i dubbi e le controversie sull’affidabilità dei dati relativi alla diffusione dell’epidemia comunicati quotidianamente dalla Protezione civile. Eppure si parla dell’importanza della trasparenza e del “governo aperto” (open government) oramai da anni e sono tante le iniziative che hanno coinvolto la Pubblica amministrazione italiana in questo senso. A livello internazionale non sono mancati gli esempi eccellenti: la Nuova Zelanda ha reso disponibili, fin dall’inizio della pandemia, i dati disaggregati sui tamponi anonimizzati. La società civile ha potuto analizzarli e ha collaborato formulando proposte su come utilizzarli al meglio. In Italia, invece, abbiamo assistito ad una sostanziale chiusura.

E’ possibile sapere sulla base di quali dati sono state prese decisioni anche molto critiche e sensibili come quelle relative a isolamento, tracciamento, test e riaperture?

Cosa si sarebbe potuto fare di più e di meglio per contribuire a creare un clima di fiducia nel rapporto con i cittadini, basato sull’apertura e il dialogo costante? Ne parliamo con Donata Columbro di Dataninja e Andrea Borruso di Ondata.

 

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