7 Giugno 2022
Settimo M.
Ieri
Gianna M.
Ieri
Francesco F.
Ieri
Com’è nato il Coordinamento Mare Libero? Di cosa vi occupate?
Il Coordinamento Mare Libero si è costituito nel Settembre del 2019 dalla volontà di alcuni comitati e associazioni diffusi in diverse aree del territorio nazionale. Tramite un’efficace rete telematica, attraverso la pagina Facebook Difendere le spiagge libere, ci siamo resi conto che la gran parte delle problematiche relative alla gestione delle spiagge che affrontavamo quotidianamente nelle nostre rispettive località, erano in realtà profondamente collegate fra loro e che, quindi, avessero bisogno di essere affrontate anche a livello nazionale, unendo le nostre forze. È partita così la nostra battaglia in tutela del mare e delle spiagge, per troppi anni privatizzate da concessionari che, tramite il sistema di proroghe automatiche, si sono trasformati in veri proprietari di fatto di quelli che dovrebbero essere beni pubblici. A pagarne le spese, come al solito, la Natura e i cittadini.
In questi mesi si è parlato moltissimo di balneari e di spiagge. Voi, che rappresentate il punto di vista di molti italiani che vorrebbero più spiagge libere, come peraltro succede in molti Paesi europei, siete stati auditi durante la discussione del ddl Concorrenza? Avete avuto confronti con i parlamentari?
Siamo stati auditi in Commissione Industria e Turismo e abbiamo svolto numerosi incontri con alcuni esponenti politici più sensibili, primo fra tutti il Presidente della Commissione Affari Europei della Camera Sergio Battelli (Movimento 5 Stelle). Oltre a lui abbiamo potuto incontrare l’On. Berti (sempre del Movimento 5 Stelle), L’On. Chiara Braga e l’On. Antonio Misiani (rispettivamente responsabile Ambiente ed Economia del Partito Democratico). Siamo riusciti a coinvolgere nel dibattito, ottenendo generale condivisione, anche dagli Onorevoli Orfini e Raciti (PD), Magi
(+Europa) e dai Senatori Verducci (PD) e De Petris (LeU). Nonostante tutto, nessuna delle nostre istanze è mai stata recepita nel disegno di legge concorrenza.
Vi sembra che il processo legislativo che ha portato all’approvazione del Ddl – non senza mal di pancia da parte di alcune forze politiche – sia stato trasparente? Chi si è battuto di più per sabotare il risultato?
Il processo legislativo, come spesso accade, non ha seguito tutti i passaggi politici necessari ad una corretta definizione del testo. La discussione, infatti, si è svolta unicamente nella Commissione Industria e Turismo del Senato. Già questo aspetto è indicativo dell’approccio con cui si è inteso affrontare questa tematica: solo dal punto di vista economico, del valore turistico. Nessun passaggio in commissione ambiente, ad esempio. Il testo, poi, è arrivato blindato in Aula al Senato e anche alla Camera, senza possibilità di modifica. Ribadiamo, poi, che si tratta di una legge-delega. Ora spetterà al governo il compito di redigere il decreto delegato, che conterrà tutte le principali disposizioni. Ma al di là della discussione parlamentare, i Partiti, sostanzialmente senza eccezioni, non hanno assolutamente svolto alcuna discussione politica su questa delicata materia: ma questo è un problema di sistema. L’assenza di finanziamenti pubblici ai partiti, determina lo svuotamento di quel ruolo di organo di trasmissione fra cittadini ed istituzioni indicato dall’art.49 della Costituzione, delegando ogni tipo di dibattito solamente alla inevitabile frenesia dei lavori parlamentari, che spesso schiacciano e semplificano la discussione.
Questo nuovo ddl Concorrenza viola ancora la Direttiva europea, la cosiddetta Bolkestein?
Si, viola ancora la Bolkestein perché non dà adeguate garanzie sull’effettiva imparzialità delle gare per l’assegnazione delle concessioni, prestando troppe tutele nei confronti dei concessionari uscenti, che ricordiamo sono già illegittimi (per la quasi totalità) da diversi anni.
Cosa cambia con il nuovo ddl Concorrenza? Cosa si può fare per garantire l’accesso libero ad un bene pubblico?
Il ddl è unicamente un ardito esercizio di aggiramento dei principi eurounitari, per provare a garantire, assunta l’inevitabilità dei bandi, che essi siano vinti con ampia probabilità dagli attuali gestori e quindi paralizzare la possibilità di ricambio nel settore. L’unico cenno ai diritti dei bagnanti è relativo all’individuazione di un non meglio specificato “equilibrio tra spiagge libere e spiagge in concessione”, per altro già previsto dal nostro ordinamento.
La giurisprudenza italiana come si è espressa?
Abbiamo ampiamente trattato la materia sui nostri canali, attraverso interviste, canali stampa e soprattutto sul nostro sito www.marelibero.eu. L’analisi della giurisprudenza è assai complessa e interessante, ma ciò che qui brevemente possiamo dichiarare senza timore di smentita è che, con la sola eccezione del TAR di Lecce (poi per altro smentito in secondo grado dal Consiglio di Stato), i giudici italiani si sono espressi indicando l’illegittimità di ogni tipo di proroga, di ogni indennizzo relativo ad investimenti effettuati (almeno) prima del recepimento della Bolkestein nel 2010, di ogni criterio di preferenza dei concessionari uscenti che mini il principio di reale imparzialità delle gare; e, soprattutto, ha statuito che lo Stato, in ogni sua articolazione, incluse quindi le amministrazioni, debbano dare immediata disapplicazione alle leggi contrastanti con i principi europei. Più chiari di così si muore, eppure la politica sembra non capire.
C’è un filo rosso che lega la questione concessioni balneari e il tema del conflitto d’interessi?
Si. Sono moltissimi i parlamentari, in ogni schieramento, che hanno personalmente delle concessioni balneari, o che sono in qualche modo strettamente collegati ai sindacati delle lobby balneari. Ma in questo, in sé, non ci sarebbero grandi problemi, se non fosse che di fatto, questi, sono gli unici ad occuparsi del tema, che sembra essere percepito come qualcosa di poco importante dal resto degli eletti.
Per quale motivo avete deciso di aderire alla coalizione #Lobbying4Change?
La frammentazione delle esperienze civiche è il principale motivo della loro inefficacia. Fare fronte comune, anche nelle diversità, è il presupposto per contare qualcosa.