Maurizio U.
1 giorni fa
Vincenzo P.
2 giorni fa
Paolo V.
4 giorni fa
La Decarb Initiative: Decarbonising Professional Influence fornisce il primo set di dati e la prima classifica degli studi legali e di public affairs in base al volume di lavoro svolto per le aziende del fossile. Più in generale, indaga i legami tra queste aziende e i consulenti con sede nell’UE, cercando di capire:
L’indagine, basata principalmente sui big data del Registro per la Trasparenza dell’UE, ha rilevato come molte delle principali società di relazioni istituzionali – tra cui Burson, FTI Consulting, Rud Pedersen e Nove – abbiano ricevuto compensi significativi da compagnie come ExxonMobil, ConocoPhillips ed Equinor per contribuire a plasmare le politiche climatiche europee, ritardando l’azione contro la crisi climatica.
Molte di queste agenzie dichiarano pubblicamente di sostenere la transizione ecologica e aiutare i propri clienti a “diventare green”. Ma i dati raccontano un’altra storia: quattro delle dieci principali società lavorano attivamente per aziende del fossile, mentre molte altre operano contemporaneamente per imprese pro-clima e compagnie fossili, alimentando un chiaro conflitto di interessi.
Nonostante ciò, i clienti fossili rappresentano in media solo l’1% dei ricavi di queste società: un dato che dimostra come molte agenzie potrebbero rinunciare a questi incarichi senza subire gravi conseguenze economiche.
Ma come ha affermato Alberto Alemanno, fondatore di The Good Lobby, le società di public affairs che lavorano per l’industria dei combustibili fossili non sono mai state chiamate, dall’opinione pubblica o da un punto di vista normativo, a rispondere delle proprie scelte. Eppure, smettere di rappresentare chi ostacola la transizione climatica sarebbe non solo una scelta etica, ma anche strategica: le agenzie che si liberano dai clienti fossili difendono meglio l’intero portafoglio clienti, attraggono più talenti e si preparano a un futuro sempre più attento alla sostenibilità.
Dieter Zinnbauer, ricercatore e consulente di The Good Lobby, ha osservato come molte delle società analizzate, quando parlano pubblicamente di sostenibilità, si concentrino su azioni simboliche volte a ridurre la loro impronta di carbonio. “Una cosa è riciclare le cartucce di toner in ufficio – ed è senz’altro positivo. Ma se la vostra attività principale è contribuire a ritardare la transizione energetica, questo ha un impatto ben più significativo rispetto al riciclaggio che fate a margine”.
Il messaggio di The Good Lobby è chiaro: se non si abbandonano i clienti fossili si rischiano la credibilità, la fiducia pubblica e un maggiore scrutinio pubblico. Passare dalle parole ai fatti non è solo possibile: è essenziale.
Per leggere l’analisi completa, conoscere le principali società di lobbying coinvolte e i soldi investiti dalle aziende del fossile, andate sul sito di The Good Lobby cliccando qui.