22 Gennaio 2020
Non è vero che i lobbisti sono solo uomini grigi che hanno le mani ovunque e fanno accordi sotterranei per privilegiare gli interessi dei potenti. Esistono anche lobbisti buoni che si battono per cause più che giuste.
Con questo ciclo di interviste ai “lobbisti buoni” sveliamo come il lobbying possa essere uno strumento di partecipazione e democrazia a disposizione di tutti.
Oxfam è una confederazione internazionale di 20 ONG che lavorano con partner in oltre 90 paesi per porre fine alle ingiustizie che causano la povertà. L’organizzazione inoltre porta avanti una serie di ricerche e studi di settore che l’hanno posizionata come esperta mondiale sui temi dello sviluppo e delle emergenze umanitarie. È stata fondata nel regno Unito nel 1942 e dal 2010 opera anche in Italia.
In Oxfam dal 2003 e da tre anni Humanitarian Policy Advisor per Oxfam Italia, Paolo Pezzati si occupa delle più gravi crisi del Medio Oriente e di politiche italiane ed europee relative al fenomeno migratorio. Rappresenta Oxfam Italia nella maggior parte delle riunioni umanitarie ufficiali.
Il lobbista è quella figura che ha contatti diretti con chi può cambiare atti normativi. Una persona con capacità di analisi e di influenza che porta avanti gli interessi di una qualunque realtà. Ad esempio, io ricopro questo ruolo per un’organizzazione che rappresenta molte persone e lavoro affinché le posizioni politiche dell’organizzazione vengano recepite dai decisori pubblici.
Se guardassimo al processo di lobbying come ad una catena di montaggio avremmo questo percorso: in primo luogo si ha l’evidenza che nasce da dei progetti sul campo, poi l’analisi tramite cui si giunge all’elaborazione di un posizionamento politico, infine la visione del cambiamento che si vuole vedere realizzato.
L’azione di lobbying di per sé non è indebita. È piuttosto uno strumento come un altro che permette di portare all’attenzione dei decisori pubblici delle proposte di cambiamento e soluzione dei problemi. Il lobbying è uno strumento democratico non di per sé buono o cattivo: dipende da come lo si fa.
Come Oxfam abbiamo un responsabile delle relazioni istituzionali e poi abbiamo delle figure apposite, i policy advisor, che all’interno delle loro funzioni hanno anche quella di contatto con i decisori politici. Il loro lavoro può avvenire in commissione, con i responsabili tematici se i partiti li hanno, in bilaterale con i singoli parlamentari, con una loro delegazione, con il capogruppo… Le strategie vengono cucite su misura. Il principio è individuare le figure che hanno la possibilità di agire per apportare un cambiamento.
Questo processo lo si può fare da soli ma anche in alleanza con altre organizzazioni mettendo in comune le forze.
Guardando agli ultimi anni, posso citare quello che, insieme ad altre organizzazioni, ci ha permesso di ottenere la sospensione della vendita di armi all’Arabia Saudita. Un altro importante risultato è stato poi l’approvazione alla Camera della legge che ha reso illegale il doppio ribasso nelle aste alimentari.
L’impressione è che su certi temi di grandi interesse nazionale, anche strategici, si instaurino dinamiche che si muovono al di sopra delle normali relazioni a cui il nostro team è abituato. Questo tipo di dinamiche possono essere recepite in alcune delle posizioni ufficiali tenute da uffici ministeriali di alto livello o anche all’interno dei gruppi parlamentari.
Sarebbe necessario avere maggiore trasparenza. Per quanto ci riguarda, il nostro fare lobbying è sempre accompagnato da una evidenza pubblica degli incontri tenuti e dei contenuti trattati.
La necessità di una regolamentazione del lobbying è evidente. Sicuramente sarebbe importante sapere chi incontra chi come anche regolamentare in qualche modo la possibilità, per le persone accreditate, di poter interloquire con tutti i gruppi parlamentari o persone chiave dell’amministrazione. Cosa che ad oggi non è garantita. Crediamo che sia fondamentale portare avanti un confronto, un dibattito e dunque una contaminazione di idee con tutti i decisori pubblici.