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30 Settembre 2021

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L’OSCE all’Italia: il lobbying è un diritto e riduce la corruzione

L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) ha inviato la sua analisi giuridica alla bozza di legge sul lobbying. Vi sveliamo cosa ha raccomandato alla politica italiana. La legge potrebbe arrivare a Montecitorio a novembre ma non abbassiamo la guardia.

di Fabio Rotondo

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Il 21 settembre l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), che ha sede a Vienna e si occupa principalmente di cooperazione e dialogo politico, ha pubblicato il suo parere legale alla bozza di legge sul lobbying tutt’ora in esame in Commissione Affari Costituzionali a Montecitorio e in attesa di approdare in Aula a novembre. L’analisi dell’OSCE è stata richiesta dalla Commissione ad agosto per valutarne la conformità agli impegni sulla dimensione umana e agli standard internazionali in materia di diritti umani. 

L’OSCE dice sì alla legge sul lobbying 

L’OSCE accoglie con favore la regolamentazione delle attività lobbying in Italia reputandola uno strumento importante nella lotta alla corruzione e per favorire la trasparenza e l’integrità delle decisioni pubbliche. A proposito degli standard internazionali in materia di diritti umani, l’OCSE spiega come la regolamentazione del lobbying si inserisca, da un lato, tra la salvaguardia del diritto alla libertà di associazione e al diritto di partecipazione e, dall’altro, all’eliminazione delle opportunità di corruzione. L’attività di lobbying è quindi uno strumento legittimo di partecipazione politica in grado di promuovere il pluralismo e migliorare il processo democratico. 

Insomma tutte cose che noi e il Consiglio d’Europa, l’OCSE, e l’Unione Europea diciamo da tempo ma che sono sempre importanti da sottolineare: ci fa piacere che anche l’OSCE stessa le abbia ricordate alla Commissione Affari Costituzionali.

Le proposte migliorative in pillole

Nel suo parere legale l’OSCE raccomanda ai legislatori italiani di apportare alcune significative modifiche che contribuirebbero a migliorare la proposta di legge sul lobbying:

  • differenziare con precisione il lobbying e l’advocacy: sono pratiche simili ma non identiche. Il lobbying diretto viene svolto da professionisti che danno informazioni e il loro punto di vista ai parlamentari o ai decisori pubblici stando a stretto contatto con loro. L’advocacy è un lobbying indiretto che si compie per esempio tramite post sui social o azioni di piazza. Si danno sì informazioni ai decisori pubblici e si fa pressione su di loro, ma va distinto dal lobbying diretto. Quindi l’OSCE raccomanda di definire meglio la pratica di lobbying in modo da non soffocare l’advocacy, svolta principalmente da organizzazioni della società civile che si impegnano su questioni sociali e in difesa dei diritti fondamentali.
  • specificare meglio chi siano i decisori pubblici e i rappresentanti d’interessi: descrivere con precisione i soggetti coinvolti nell’attività di lobbying è fondamentale per evitare che qualcuno rimanga fuori dalle regole del gioco e continui ad agire nell’ombra. Nella categoria di “decisori pubblici” devono essere indicati i parlamentari, i membri del governo e i loro più stretti collaboratori (ad esempio il capo di gabinetto del Ministro della Transizione Ecologica) e comunque tutti i funzionari pubblici che possono diventare destinatari di lobbying . Nella categoria di “rappresentanti di interessi” devono essere indicati i soggetti privati, le imprese, le ong, le associazioni di categoria e quelle religiose, e anche i governi stranieri.
  • rendere più equilibrati gli obblighi dei portatori d’interessi e dello Stato:  al momento gli obblighi, cioè le indicazioni comportamentali da rispettare, sono in gran parte a carico dei portatori d’interessi (a prescindere se siano soggetti privati, imprese o ONG) e allo stesso modo gli obblighi di trasparenza. I decisori pubblici sono i primi responsabili nei confronti del pubblico per le decisioni assunte ed è perciò necessario pretendere da loro regole d’ingaggio (nella bozza: articoli 1, 5, 11) equilibrate. Entrambi i soggetti inoltre, lobbisti e politici, vanno sensibilizzati a rispettare le regole. 

Inoltre, come anche evidenziato da noi, l’OSCE raccomanda: 

  • sanzioni eque tra i portatori d’interessi e i decisori pubblici: non è giusto che i lobbisti paghino se non rispettano le regole e i politici no;
  • consultazioni pubbliche obbligatorie: non devono essere una scelta arbitraria del legislatore ma vanno svolte in tutte le fasi dell’iter legislativo e anche dopo, cioè quando si verifica l’impatto di una norma;
  • registro digitale open data: il Registro dove i portatori d’interessi si segnano prima di incontrare un decisore pubblico deve essere digitale e in formato “dati aperti”, in modo che organizzazioni come la nostra, studiosi, giornalisti o semplici cittadini e cittadine possano riutilizzare quel dato per divulgarlo facilmente. 

A che punto siamo con l’iter legislativo 

E’ ormai ottobre, vi avevamo detto che tra questo mese e novembre la legge sarebbe arrivata alla Camera per essere votata. Ci sono stati dei lievi cambiamenti, prevedibili, a questo programma: in Commissione Affari Costituzionali il termine per presentare gli emendamenti è stato allungato di una settimana e in questi giorni precedenti alle elezioni amministrative (e Regionali in Calabria) la Commissione non si è più riunita. Il testo di legge arriverà con ogni probabilità a Montecitorio a novembre. 

ATTENZIONE: non dobbiamo distrarci. Vi chiediamo di continuare a parlare del tema con amici-parenti-conoscenti, condividere i nostri contenuti e firmare e far firmare la petizione!

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