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3 Gennaio 2020

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Lobbisti buoni: Terre des hommes

Intervista a Paolo Ferrara Responsabile Comunicazione e Raccolta Fondi della Fondazione Terre des hommes Italia

di Niccolò Di Tommasi

Non è vero che i lobbisti sono solo uomini grigi che hanno le mani ovunque e fanno accordi sotterranei per privilegiare gli interessi dei potenti. Esistono anche lobbisti buoni che si battono per cause più che giuste. 
Con questo ciclo di interviste ai “lobbisti buoni” sveliamo come il lobbying possa essere uno strumento di partecipazione e democrazia a disposizione di tutti.

Paolo Ferrara per Terre des hommes

Nata nel 1989 in Italia e diventata fondazione nel 1994, Terre des hommes Italia nell’ultimo anno ha realizzato 90 progetti in 22 Paesi del mondo dedicandosi in particolare alla tutela dei minori, alla loro sanità di base, al loro diritto all’educazione e alla protezione da ogni forma di violenza o abuso.

Da 15 anni Paolo Ferrara lavora nel mondo del non profit occupandosi di raccolta fondi e comunicazione. Nel 2007 ha dato vita a Fundraising Now!, uno spazio di riflessione, di studio, di condivisione e di socializzazione sul fundraising digitale e sull’innovazione.
Atualmente è Responsabile Comunicazione e Raccolta Fondi della Fondazione Terre des hommes Italia.

Chi è il lobbista?

Il lobbista è colui che esercita – normalmente in rappresentanza di persone, organizzazioni, enti o aziende – una pressione diretta a influenzare le Istituzioni per ottenere un cambiamento normativo o una disposizione favorevole ai propri interessi.

Il giudizio positivo o negativo che dovremmo dare su un’attività di lobbying non è tanto sul fatto che esista, ma su chi la esercita e in che modo. Per esempio valutando se il destinatario se ne sia fatto influenzare in modo illecito (cioè traendone un interesse particolare) o senza tenere in considerazione l’interesse generale.

Cosa rispondi a chi pensa che il lobbying sia una forma di pressione indebita portata avanti solo da grandi multinazionali e potenti faccendieri?

Rispondo che non è vero. L’attività di lobbying è un’attività che può essere esercitata a qualsiasi livello e da chiunque: pensiamo ai gruppi di pressione comunitari che lottano per impedire l’abbattimento di alberi per la costruzione di nuove strade o palazzi, o agli sforzi per ottenere una variante progettuale che salvaguardi un edificio storico o simbolico, fino alla costituzione di comitati civici di persone che cercano di influenzare i decisori locali su temi vitali quali trasporto, sicurezza, viabilità ecc. 

E qui parliamo solo del livello più vicino alla comunità. In realtà tutti facciamo lobbying in qualche modo ed è assolutamente naturale in una dialettica democratica che i corpi intermedi partecipino ai processi decisionali aggregando degli interessi comuni.  Certo, è necessario un costante controllo e regole chiare e trasparenti per evitare quello che dicevo prima. 

In che modo portate avanti le vostre richieste rivolte ai decisori pubblici?

In tanti modi diversi. Di norma facendo rete con altre organizzazioni, sia a livello nazionale che internazionale. Terre des hommes aderisce e partecipa a tavoli di lavoro e a network per portare avanti varie tematiche, ma in particolare la causa dei diritti dell’infanzia. 

Cerchiamo di sostenere le nostre cause anche mettendo a disposizione dei policy makers dati e ricerche originali producendo ogni anno un rapporto sulla condizione delle bambine e delle ragazze in Italia e nel mondo (dossier “Indifesa”), e un osservatorio che intervista annualmente i ragazzi e le ragazze italiane su violenza di genere, bullismo e sexting. A partire dal 2014 abbiamo anche prodotto ricerche sui bambini vittime di violenza in Italia e sul costo della mancata prevenzione.

Qual è il risultato più importante che avete ottenuto con il vostro “lobbismo buono”?

Probabilmente il nostro successo più importante, ottenuto nel 1998, è la legge sul Turismo Sessuale (269/98) che introduce anche il concetto di extraterritorialità. Ovviamente anche questo ottenuto in rete con altre organizzazioni. Ma oggi stiamo lavorando anche su molti altri temi portando il nostro contributo alla scrittura di leggi sull’accoglienza, sul cyberbullismo o sulla lotta alla pedofilia online.
Cerchiamo anche di lavorare sul miglioramento degli uffici tecnici e dei funzionari governativi, anziché direttamente sulle leggi.

Credo che la politica italiana sia complessivamente molto distante dai temi sociali e dalla tutela dei diritti dell’infanzia. È un problema innanzitutto culturale su cui c’è molto lavoro da fare. Per fortuna, e grazie alla sensibilità di alcuni parlamentari, spesso è sufficiente riuscire a coinvolgere pochi “evangelisti” che poi trascinano gli altri. 

Con la nostra campagna stiamo chiedendo che il lobbying venga regolamentato anche in Italia: pensi sia importante che il parlamento approvi una riforma in questo senso?

Credo sia fondamentale. Bisogna vincere l’ipocrisia italiana del pensare che le lobby non debbano esistere. Bisogna prendere atto che esistono, che possono avere finalità diverse ed essere esercitate da attori diversi, ma che l’unico modo per provare a contrastarne gli abusi sia regolamentarle.

Che cosa dovrebbe prevedere questa regolamentazione?

Credo comunque che l’attuazione di un registro obbligatorio per chi vuole esercitare attività di lobby (e di un controllo reale sull’attività dichiarata), la definizione di un codice di condotta, la pubblicità delle audizioni e sanzioni chiare e commisurate alla gravità delle violazioni possano essere un buon punto di partenza. Però non illudiamoci: a fare la differenza sarà sempre la cultura del paese e un’opinione pubblica non disposta a perdonare le violazioni. 

Foto via | Terre des hommes