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30 Aprile 2020

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Una fase 2 per un Parlamento con pieni poteri!

di Salvatore Papa

“Il Parlamento non ha mai chiuso!”. Questa la risposta ai tanti appelli promossi da cittadini,  esperti e organizzazioni della società civile che chiedevano, e continuano a chiedere, una piena ripresa dei lavori parlamentari. Come se un Parlamento monco, a ranghi ridottissimi, diventato semplice ratificatore delle decisioni governative, possa considerarsi davvero “aperto”.

Mentre in Italia si discute ancora su come conciliare piena operatività del Parlamento e tutela della salute di parlamentari e funzionari, nelle istituzioni europee e nei parlamenti di altri Paesi, le soluzioni si sono trovate subito, con coraggio e determinazione: il Parlamento Europeo ha fatto da apripista al voto a distanza, seguito da Spagna, Belgio e Regno Unito. Quello tedesco ha invece prontamente approvato delle modifiche ai propri regolamenti per garantire la continuazione dei lavori in sicurezza. In Italia, invece, solo di recente sono stati avviati i lavori a distanza per alcune attività delle commissioni (le riunioni degli Uffici di presidenza e le audizioni informali), mentre per i lavori dell’aula si è preferito intraprendere la strada di un “patto” tra le forze politiche, al fine di ridurre il numero delle presenze. Ma un gentlemen’s agreement non vale come regola e, infatti, è saltato alla prima occasione: durante la votazione dell’ordine del giorno sul no al MES presentato da Giorgia Meloni, i deputati di Fratelli d’Italia si sono presentati al completo in aula costringendo i gruppi di maggioranza a richiamare frettolosamente i propri deputati, così da evitare una sconfitta sulla proposta dell’opposizione.
Ci si è rigidamente aggrappati alla dogmatica interpretazione della presenza fisica in aula senza proporre una soluzione concreta che garantisse, da un lato la tutela della salute dei nostri rappresentanti in Parlamento e dall’altro il pieno esercizio delle proprie funzioni.

 

I parlamentari chiedono più sicurezza in aula e meno decreti

Più di 60 deputati (numero che cresce di continuo), nei giorni scorsi hanno scritto al presidente della Camera Roberto Fico, denunciando una situazione insostenibile, con un accordo definito “sottobanco” ormai nullo e, addirittura, con uno dei deputati leghisti presente in Aula con la febbre. Nella lettera si legge: “Non è più il tempo delle attese, delle non soluzioni, dello sperare che non ci si accorga dei problemi”. Una richiesta di assunzione di responsabilità di fronte al momento storico che stiamo vivendo. “Basta scorciatoie” aggiungono, concludendo la missiva con la richiesta di uno scatto di orgoglio da parte della massima istituzione rappresentativa dei cittadini: “Siamo i rappresentanti della nazione. Siamo il Parlamento della Repubblica Italiana”. All’appello sulla ripresa dei lavori si aggiungono le dichiarazioni del bellicoso Senatore di Scandicci Matteo Renzi (IV) e del più mite professor Stefano Ceccanti (PD),  che, ognuno con il proprio stile comunicativo, concordano nell’affermare che l’apertura della fase 2 debba portare a un progressivo abbandono dei DPCM e al recupero della perduta centralità del Parlamento. Abbiamo assistito a un’emergenza senza precedenti dove si è cercato di dare risposte a problemi complessi nel più breve tempo possibile. Il continuo utilizzo dei DPCM ha trasmesso però il messaggio che il Parlamento potesse rappresentare un peso, una istituzione irrilevante, perché avrebbe solamente rallentato l’assunzione dei provvedimenti utili a tutelare la salute dei cittadini.
Più volte però il governo è dovuto tornare sui propri passi, emanando nuovi provvedimenti per correggere errori o limare imprecisioni contenute in quelli precedentemente approvati. Tutto questo ha contribuito a generare confusione e una disordinata sovrapposizione di provvedimenti nel tempo. 

Il Parlamento protagonista della fase 2

Un dibattito parlamentare aperto e franco giocherebbe ora, più che mai, un ruolo fondamentale: aiuterebbe a rappresentare in maniera più efficace le istanze di milioni di cittadini, di aziende e di organizzazioni della società civile, a raggiungere quindi un maggiore equilibrio degli interessi rappresentati; limitare le scelte avventate e migliorare la qualità dei provvedimenti assunti.
Recuperare la centralità del Parlamento consentirebbe di rinvigorire il rapporto tra i cittadini e i parlamentari, deteriorato, non solo dall’eccessivo ricorso ai decreti da parte del governo ma, anche e soprattutto, dalla spinta dei populismi, dell’antipolitica e dell’anticasta.
Quello che chiediamo è una fase 2 anche in Parlamento, affinché tra la terribile eredità lasciata dal coronavirus non ci sia anche la sconfitta della nostra democrazia.