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20 Gennaio 2023

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Whistleblowing: Il decreto legge va migliorato

Giovedì 12 gennaio siamo stati auditi dalle Commissioni riunite Giustizia e Lavoro pubblico e privato in merito allo schema di decreto legislativo sulla direttiva europea sul whistleblowing!

di Bianca Dominante

Come forse ricorderete, infatti, sono state costituite tre Commissioni parlamentari competenti per esprimere un parere sullo schema di decreto legislativo sulla direttiva UE sul whistleblowing approvato dal Governo il 9 dicembre.

Siamo lieti di aver preso parte alle audizioni che precedono questo grande passo per l’Italia – ampliare e migliorare la legge per la protezione di chi segnala illeciti sul lavoro, secondo i criteri stabiliti dall’Unione europea.
Accontentarsi, però, non è nelle nostre corde e non abbiamo potuto fare a meno di notare e far notare alcuni punti critici presenti nello schema di decreto.

Cominciamo col dire che, l’attuale decreto legge, sembrerebbe fare dei passi indietro rispetto alla legge nazionale in vigore (l. 179/2017): anzitutto permetterebbe di segnalare solo violazioni di norme, a differenza della legge nazionale che dà la possibilità di segnalare condotte illecite, possibili irregolarità o abusi. In secondo luogo, pone il segnalante in una brutta posizione, poiché lo costringe, prima di poter procedere con una segnalazione esterna, a valutare discrezionalmente se la sua segnalazione rispetta alcuni criteri specifici, ovvero se si tratta di una segnalazione rimasta senza esito o se rischia l’insabbiamento interno.

Gli art. 2 e 3 del decreto, sono stati trascritti in un linguaggio tutt’altro che comprensibile: complicazioni inutili che, oltre a rendere difficile la lettura del testo, non permettono né ai whistleblower di capire cosa possono e non possono segnalare, né alle aziende cosa comunicare ai dipendenti. Il risultato è che, così facendo, si rischia di non garantire le giuste tutele ai segnalanti.

Con grande fatica, e soprattutto tanta competenza, siamo riusciti a decifrare gli articoli in questione; purtroppo non riservano nulla di buono. Il recepimento della direttiva europea avrebbe dovuto porre fine, una volta per tutte, alle disparità tra dipendenti del settore pubblico e privato, garantendo la possibilità di segnalare – e le dovute tutele – a tutti. L’attuale schema di decreto però, così com’è stato presentato, consentirebbe al settore privato di segnalare solo le violazioni del diritto comunitario dell’Unione europea e non di quello nazionale. Ulteriori disparità sono previste anche all’interno del solo settore privato: i dipendenti di azienda con modello 231, per esempio, non possono segnalare ad ANAC violazioni del diritto interno a meno che ciò non riguardi alcuni settori specificamente elencati; i privati di società senza modello, invece, non possono segnalare violazioni del diritto interno in nessun caso!

La bozza di decreto, poi, prevede la creazione di un canale di gruppo solo per le aziende con meno di 249 dipendenti e non fornisce chiarimenti sui gruppi multinazionali.

Ci saremmo aspettati di leggere un coordinamento della disciplina anche con le disposizioni del settore finanziario e una semplificazione anche su questo. Allo stato attuale, per esempio, una banca dovrebbe (sempre che abbia un modello 231) istituire 3 diversi canali per le segnalazioni, tutti gestiti da funzioni diverse!

L’art. 18 parla di “assistenza da parte degli enti del terzo settore”: sono tante le organizzazioni che, effettivamente, svolgono un importante ruolo di assistenza psicologica e legale ai whistleblower, spesso costretti a vivere situazioni di forte stress, isolamento e ad affrontare lunghe battaglie legali per via delle segnalazioni fatte. Tali enti, però, devono essere messi nelle condizioni di poter assistere i segnalanti in modo serio, professionale e sostenibile. È indispensabile, quindi, che ricevano fondi sufficienti a svolgere le attività e che abbiano accesso alle informazioni interne di ANAC, anche attraverso confronti diretti e regolari con quest’ultima.

Siamo molto dispiaciuti, infine, che il legislatore nazionale non abbia voluto prendere posizione sull’anonimato: eppure la maggior parte delle aziende, ormai, accetta le segnalazioni anonime perché ritenute utili!

“Cosa avrete da esser lieti, allora?!” vi starete chiedendo. Contrariamente a quanto sembri, il decreto legge ha diversi aspetti positivi, come per esempio le sanzioni previste per gli enti che non predispongono canali adeguati alle segnalazioni. In generale, poi, essere arrivati fino a questo punto è indubbiamente un grande traguardo e siamo felici di aver contribuito a raggiungerlo!

Il Governo ora ha tempo fino al 10 marzo 2023 per perfezionare il decreto e decidere se prendere in considerazione i pareri espressi dalle tre Commissioni! Speriamo vivamente che queste audizioni non restino solo parole al vento, ma contribuiscano davvero a migliorare la legge!