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24 Maggio 2024

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Fondi PNRR per impianti di biometano

Ad Auletta un gruppo di aziende con una struttura societaria molto complessa guida la realizzazione di un nuovo impianto finanziato con 14,5 milioni del PNRR. I cittadini contestano il progetto.

di Sara Manisera

Questa è l’ultima puntata dell’inchiesta “Le mani sulla Ripartenza” sui conflitti di interessi e le opacità del Pnrr in Italia, organizzata in collaborazione fra IrpiMedia e The Good Lobby.
Il progetto è finanziato dai cittadini e dalle cittadine. Vuoi partecipare? Dona ora >>

 

Dalla finestra della casa di Margherita Addesso, si scorgono maestosi i monti Alburni, conosciuti come le “Dolomiti della Campania”. La sua è una delle poche case ancora abitate nella contrada Cerreta, una frazione di Auletta, piccolo paese in provincia di Salerno, a ridosso della Basilicata. In questa zona considerata di pregio, contigua al Parco Nazionale del Cilento, Alburni e Vallo di Diano, puntellata di cerri, uliveti, vigneti, frutteti e interamente vocata all’agricoltura, ci sono circa 15 aziende agricole, quasi tutte famigliari, biologiche, di piccole e medie dimensioni.

Tra queste c’è anche quella di Vincenza D’Elia, situata a pochi metri dalla casa di Margherita. Le due donne sono cresciute in questa contrada immersa nella natura e, per entrambe, il 29 giugno 2023 è una giornata da dimenticare.

«Ho saputo del mega impianto da un articolo pubblicato su un giornale locale», spiega Addesso. «Nessuno ci ha detto niente. Quando l’ho scoperto, ho immediatamente pensato a tutti i sacrifici fatti dalla mia famiglia in questa terra», dice l’imprenditrice D’Elia.

Il progetto di cui parlano è un impianto per la produzione di biometano ottenuto attraverso «raffinazione di biogas proveniente dalla fermentazione anaerobica di prodotti e sottoprodotti organici, scarti, reflui, fanghi e scarti zootecnici».

È uno degli impianti di nuova costruzione, entrato in graduatoria nel primo bando del settembre 2022 del Gestore Servizi Energetici (GSE) e finanziato con fondi Pnrr del Next Generation EU, lo strumento dell’Unione europea per sostenere la ripresa economica dalla pandemia di coronavirus e la transizione energetica.

 

Cos’è il biometano

 

Il biometano si ottiene dalla depurazione (upgrading) del biogas. È prodotto a partire dalla frazione organica dei rifiuti urbani, biomasse agricole, scarti agroalimentari e zootecnici, liquami, fanghi di depurazione, fermentazione anaerobica dei rifiuti stoccati in discariche fino ad arrivare all’impiego dei rifiuti urbani e in particolare della frazione organica di rifiuti solidi urbani (Forsu). Il risultato è un gas con caratteristiche del tutto simili a quelle del metano di origine fossile, con la sola differenza che, invece di essere estratto dal sottosuolo, è ottenuto da scarti.

Teoricamente ricade nella categoria dei combustibili sintetici avanzati. In pratica, per essere immesso in rete, deve avere standard di purezza elevati. Ciò significa che deve essere purificato attraverso un processo energivoro di separazione. Il biometano può essere immesso nella rete del gas naturale o utilizzato come carburante per l’autotrazione, puro o miscelato con il metano di origine fossile. Può anche essere impiegato per la produzione di energia elettrica e termica.

Nel percorso di decarbonizzazione e transizione energetica del sistema economico produttivo europeo per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050 voluta dall’Unione europea, anche in reazione alla guerra della Russia in Ucraina, il Parlamento europeo ha approvato a febbraio 2023 un piano per produrre 35 miliardi di metri cubi di biometano.

Il piano però, secondo l’organizzazione Feedback EU, è «irrealistico e insostenibile»: infatti per raggiungere l’obiettivo si finirebbe per aumentare la produzione delle materie prime necessarie, cioè mais, paglia, scarti e rifiuti alimentari, letame e altro, incoraggiando quindi un maggior volume di allevamenti intensivi e aumentando la concorrenza tra cibo, mangimi e carburante nell’agricoltura. Inoltre, secondo Frank Mechielsen, direttore di Feedback EU, si verificherebbe una «corsa per le materie prime», con effetti a catena che porterebbe a un aumento sui prezzi delle materie prime del cibo.

Tuttavia, il biometano è considerato una delle fonti rinnovabili ed è ampiamente finanziato dal Pnrr in Italia. L’importo totale del Pnrr è di 194,9 miliardi e si articola in sette missioni. La seconda missione «Rivoluzione verde e transizione ecologica» ha in dotazione 55,5 miliardi, circa il 28,5% dell’intero fondo e tra le misure per la promozione dell’economia circolare c’è quella di sviluppare il biometano fino a 2,3 miliardi di metri cubi entro il 20 giugno 2026, per un ammontare complessivo di 1,73 miliardi di euro, attraverso «il sostegno agli investimenti per la realizzazione di nuovi impianti di produzione di biometano e per la riconversione, totale o parziale, di impianti esistenti a biogas», riporta il sito del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Al momento il biometano in Italia si produce solo per il settore trasporti. Il dato più aggiornato riguarda gli impianti che hanno richiesto accesso agli incentivi, ed è pari «a circa 0,8 miliardi di Sm3 (standard metro cubo) rispetto a un limite massimo incentivabile di 1,1 miliardi di Sm3». Per quanto riguarda gli altri impianti a biometano incentivati con il Decreto del 2022, nessuno è ancora è entrato in esercizio.

Il Decreto ministeriale del 15 settembre 2022 prevede cinque bandi e incentiva il biometano attraverso un sostegno a fondo perduto (pari al 40% delle spese sostenute) e un incentivo in conto energia (cioè una tariffa incentivante applicata alla produzione netta di biometano). Gli incentivi oscillano tra i 115 €/MWh per gli impianti di piccole dimensioni, e i 110 €/MWh per quelli di grandi dimensioni e durano 15 anni. Il Gestore Servizi Energetici (GSE) garantisce il ritiro del biometano immesso nella rete con obbligo di connessione di terzi e la cessione del biometano al mercato.

Gli impianti devono essere realizzati entro il 30 giugno 2026 e devono essere conformi ai criteri stabiliti dalla direttiva (Ue) 2018/2001 sulle energie rinnovabili affinché la misura rispetti il principio di «non arrecare un danno significativo» all’ambiente. Nel momento in cui scriviamo, sono 60 gli impianti ammessi al finanziamento PNnrr nel primo bando e 51 nel secondo. Le regioni dove sono previsti i maggiori impianti sono Campania (24), Lombardia (19), Emilia Romagna (16), Lazio (16).

 

I fondi per l’impianto di Auletta assegnati alla società Neoagroenergie

 

L’impianto a biometano di Auletta sorgerà a ridosso del piccolo centro abitato in provincia di Salerno, di cui fa parte anche la casa di Margherita Addesso, su un’area di circa sei ettari e sarà costituito da due digestori del diametro di 26 metri e altezza di sette metri, due vasche per lo stoccaggio del digestato del diametro di 18 metri e altezza di sette metri, più altri locali tecnici. Dovrà generare metano per 500 standard metri cubi all’ora e, per essere economicamente produttivo, avrà bisogno tra le 55 mila e le 80 mila tonnellate di scarti all’anno, circa 220 tonnellate al giorno.

Secondo i dati presenti sul portale Open Cup, i fondi Pnrr assegnati alla società Neoagroenergie srl che realizzerà l’impianto di Auletta sono 14,5 milioni di euro. Al momento, la società risulta aggiudicataria di altri cinque finanziamenti, gestiti dal GSE, per la costruzione di nuovi impianti a Sessa Aurunca, Lacedonia, Latina, Cassino e Terracina, per un totale di 87 milioni di euro.

Fino a giugno 2023, Margherita Addesso, Vincenza D’Elia e l’intera comunità di Auletta e dei paesi limitrofi non sapevano niente di questo impianto, nonostante l’amministrazione comunale di Auletta avesse interloquito con la società già dal 2019, come ha dichiarato lo stesso sindaco Pietro Pessolano a ottobre 2023, durante un incontro pubblico. Appena la notizia si è diffusa, Addesso, D’Elia, insieme ad altri cittadini, agricoltori e esponenti della società civile hanno iniziato a mobilitarsi.

«Non siamo contro la tecnologia del biometano. Siamo contro mega progetti calati dall’alto in territori che non producono scarti e reflui in grandi quantità. Che senso ha portare biomasse su camion da lontano? Dov’è l’economia circolare? Dov’è la sostenibilità?», si chiede Rosangela Addesso, ecologa e ricercatrice all’Università di Potenza, membro del comitato Auletta Casa Mia, nato per informare la popolazione, attraverso assemblee pubbliche partecipate.

Nel primo piano di approvvigionamento presentato dalla società Neoagroenergie al Comune di Auletta e visionato da IrpiMedia, sono state dichiarate distanze nei limiti dei 50 chilometri. Verificando la sede delle aziende agricole di provenienza, però, si scopre che le biomasse arriverebbero anche da imprese situate in provincia di Latina, Caserta, Napoli e Avellino, quindi a distanze superiori al limite dichiarato. Gli scarti, pertanto, dovrebbero viaggiare a lungo su camion, affossando così il principio dell’economia circolare voluto dal Pnrr e dalle indicazioni dell’Unione europea.

Secondo Nicola Armaroli, dirigente del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), «è difficile parlare della sostenibilità di questi impianti perché mancano solitamente studi indipendenti che attestino le emissioni di CO2 di ogni singolo progetto lungo l’intera filiera. Possiamo dire che se la distanza tra il punto di approvvigionamento e di utilizzo della biomassa resta entro i 40-60 km l’impianto è generalmente sostenibile. Quando le distanze superano i 150-200 Km la sostenibilità viene quasi sempre a mancare, a causa dell’impatto energetico e ambientale del trasporto. Il rischio è che gli incentivi pubblici per il biometano, o meglio biogas, siano acquisiti in modo predatorio da grandi aziende a scapito dei territori, delle comunità e della piccola e media impresa».

Per Michele Buonomo, membro della Segreteria nazionale di Legambiente, «questi impianti sono sostenibili se fatti nella misura e nel posto giusto, con capacità di approvvigionamento di prossimità degli scarti. Portare su e giù rifiuti è una contraddizione. Far viaggiare per centinaia di chilometri questi materiali risponde ad altri interessi e senza incentivi questi impianti non reggerebbero. La priorità assoluta è quella di fare impianti che non aggravino i problemi ambientali e che rispondano ai bisogni del territorio».

Inoltre, alcune aziende agricole inserite nel primo piano di approvvigionamento hanno denunciato presunte firme false inserite nei contratti per la fornitura di biomasse.

«Sono stato il primo a denunciare. Io non ho animali da vent’anni. Dove devo prendere il letame? Hanno fatto un contratto fasullo prendendo un timbro e la mia firma falsa», dice Pasquale De Flora, titolare di un’azienda agricola a Polla. Oltre a lui, sono altre quattro le aziende agricole che hanno denunciato la Neoagroenergie srl ai Carabinieri della stazione di Auletta, che hanno aperto un’indagine.

L’amministratore della Neoagroenergie Luigi Norgia, sentito da IrpiMedia, fa sapere che «lui non si occupa dei piani di approvvigionamento essendo solo un tecnico» mentre Franco Torra, presidente del consiglio di amministrazione, risponde che «sono state raccolte oltre 50 mila tonnellate di biomasse nel raggio di 15 km da Auletta». Il successivo piano di approvvigionamento presentato include solo aziende nel limite di 40 chilometri, ma omette il quantitativo di materie prime fornito da ciascuna. Gran parte delle aziende elencate producono sottoprodotti agricoli utilizzabili come scarti solo su base stagionale. È l’ultimo dato disponibile in merito all’approvvigionamento degli scarti.

Alle presunte firme false e ai dubbi sul piano di approvvigionamento, si aggiungerebbero alcune carenze nella documentazione prodotta dalla Neoagroenergie: la relazione tecnico-geologica è priva di allegati fotografici, e i parametri geotecnici inseriti mancano di prove di laboratorio, come sarebbe invece richiesto dalla normativa di riferimento (quella sulle Nuove tecniche di costruzione, del 2018).

Inoltre nei vari documenti, come la relazione tecnica e la relazione generale, emerge che il progettista Luigi Norgia è anche il legale rappresentante della società Neoagroenergie. Le linee guida dell’Anac spiegano che questa situazione comporterebbe un potenziale conflitto di interesse.

Non solo. Nel 2021 l’impianto è stato autorizzato dal Comune di Auletta attraverso quella che si chiama procedura abilitativa semplificata (PAS), su richiesta di Neoagroenergie. Le linee guida della Regione Campania prevedono anche con la PAS che il progetto sia sottoposto alla valutazione di impatto ambientale (VIA), circostanza che invece non si è verificata con l’impianto di biogas di Auletta.

A settembre 2023, il Commissario europeo per l’ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius, rispondendo a un’interrogazione parlamentare presentata dall’europarlamentare Rosa D’Amato, sollecitata dal comitato di cittadini di Auletta, ha confermato che «progetti simili rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva sulla VIA, secondo la quale gli Stati membri devono garantire che, prima del rilascio dell’autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale siano sottoposti a valutazione».

Dalla documentazione presentata dalla Neoagroenergie srl risulta mancante anche la destinazione delle biomasse in uscita e il tipo di trattamento che subirà il digestato, ovvero il residuo creato dalla digestione degli scarti.

Da un lato, infatti, è riportato che sarà trasferito a una società specializzata per il suo trattamento, senza dare nessuna indicazione di quale sia la società, a che distanza o che mezzi di trasporto si useranno, né del codice CER, ovvero il Catalogo Europeo dei Rifiuti che identifica il tipo di rifiuto prodotto, essendo il digestato un materiale di risulta da gestire come rifiuto.

Dall’altro, è riportato che sarà utilizzato agronomicamente. «Per fare ciò, è necessario essere conformi al regolamento regionale vigente che recepisce la Direttiva Nitrati, che pone seri limiti alla quantità di azoto di origine animale che si può reimmettere sui terreni», spiega Giancarlo Cattaneo, ingegnere impiantistico, esperto di biogas e titolare della C&F Energy, che ha già diversi impianti di piccole dimensioni nella provincia di Salerno, accanto ad aziende di bufale.

«Se in un anno sono previste 82 mila tonnellate di biomasse in ingresso, altrettante ne dovranno uscire. La diminuzione del peso del biometano è del 3% ma a volte il peso aumenta in quanto l’acqua piovana appesantisce il materiale in uscita. La Campania è per lo più zona vulnerabile ai nitrati. Se si vuole prevedere l’utilizzo agronomico dello stesso e si tiene conto che in Campania per lo più non si può superare l’immissione di 175 chili di azoto per ettaro, l’intera provincia di Salerno dovrebbe essere asservita all’impianto di Auletta. Ma chi ha mai verificato quanto azoto si attende in uscita? Quanti camion sono previsti in uscita visto che al massimo ognuno di loro potrà trasportare 30 metri cubi degli 82 mila previsti? Quanta CO2 ci si attende da questi trasporti in ingresso e in uscita?».

Rispetto alle irregolarità, alle presunte firme false nel piano di approvvigionamento e alla insostenibilità dell’impianto a biometano, il Gestore dei Servizi Energetici (GSE), contattato da IrpiMedia risponde che «non ci sono dati per rispondere sulla sostenibilità dell’impianto quindi potremmo fare solo ipotesi su opinioni meramente personali» e che «il GSE sta effettuando l’attività istruttoria secondo quanto previsto dal quadro normativo di riferimento». Aggiunge che resta al Comune di Auletta «la responsabilità di monitorare la legittimità e la perdurante efficacia del titolo autorizzativo conseguito per l’impianto e di trasmettere tempestivamente al GSE l’esito degli accertamenti effettuati».

 

Chi guadagnerà dal mega impianto previsto ad Auletta?

 

La realizzazione dell’impianto di biometano ad Auletta coinvolge due società: una è la Retina Land srl, che possiede i terreni ed è amministrata da Franco Torra; l’altra è la Neoagroenergie amministrata da Luigi Norgia e assegnataria dei 14,5 milioni di euro di incentivi del Pnrr. Appartengono allo stesso gruppo: il capitale di entrambe è infatti interamente posseduto dalla Retina Holding srl, il cui amministratore è sempre Franco Torra e controllata al 100% dalla lussemburghese Retina Sca, con un capitale di circa nove milioni di euro.

Retina Sca è quindi il primo investitore, spiega Franco Torra: «Poi – aggiunge – c’è un interesse di una banca, di cui non le faccio il nome, ma di una banca internazionale, la più grande banca di infrastruttura» e di altri istituti di credito europei. L’amministratore della Retina Land aggiunge che oltre all’impianto ad Auletta «il gruppo ha in progetto di costruire tra i 25 e i 30 impianti (nel Sud Italia, ndr) per un costo di 22 milioni di euro l’uno e un investimento complessivo di circa 600 milioni di euro» finanziati con lo stessa modalità dell’impianto di Auletta. Secondo Torra, Retina ha già raccolto al momento «oltre 10 milioni di euro di finanziamenti».

Ma chi sono i beneficiari di questa operazione agevolata dai fondi del Pnrr? Secondo le visure camerali, il beneficiario di tutta questa operazione è la società britannica Elamel Limited: possiede la società lussemburghese Merikep Sarl che detiene in pegno le quote di Neoagroenergie. Proprietaria di Elamel Limited è Francesca Frosini, che è anche tra i soci amministratori di Actarus Renewables, altra società lussemburghese che gestisce la Retina Sca.

Luigi Norgia, l’amministratore di Neoagroenergia, guida anche altre società tra cui una che aveva già provato a realizzare due impianti a biogas: uno ad Agnone, nell’Alto molise, bloccato dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Molise per vincoli paesaggistici, l’altro ad Arlena di Castro, nel Lazio, bloccato poi dall’ufficio tecnico che ha riscontrato numerose carenze documentali e ne ha ordinato la demolizione.

Il lavoro di controllo del comitato e la mobilitazione dei cittadini di Auletta e dei paesi limitrofi ha portato la giunta guidata dal sindaco Pietro Pessolano a revocare la delibera di giugno 2023, con la quale si esprimeva la volontà politica di aprire la conferenza dei servizi per la variazione del piano urbanistico. Nel frattempo il comitato Auletta Casa Mia ha fatto ricorso al Tar ed è in attesa di sapere quale sarà il destino per del territorio.

«Mi sono mobilitata perché ho scelto di vivere e investire realmente qui con il mio sudore e con il sacrificio dei miei genitori», ribadisce Margherita Addesso, abitante della contrada Cerreta. «Questi signori sembrano più prenditori di finanziamenti europei che imprenditori veri. Ma cosa rimarrà alle nostre comunità locali? Oggi noi qui abbiamo l’aria pulita, l’olio, i carciofi e delle eccellenze che rischiano di essere perdute per sempre».