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Ogni sabato mattina, a Trento, un centinaio di persone si riunisce in un presidio permanente nel piazzale dell’officina meccanica Odorizzi. Il luogo non è stato scelto a caso: nei prossimi mesi l’officina potrebbe essere espropriata per far passare la Circonvallazione di Trento. Proposta da Rete ferroviaria italiana (Rfi), l’opera è il terzo tratto ferroviario da realizzare per il quadruplicamento della linea Fortezza (Trentino) – Verona (Veneto), parte integrante del corridoio Scandinavo-Mediterraneo, uno dei nove corridoi pensati per aumentare la capacità di transito merci in Europa. Questo, in particolare, collegherà Finlandia e Malta.
La Circonvallazione di Trento è stata inserita tra le opere strategiche finanziate con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Definita “Grande Mala Opera” dal Comitato No Tav Trento, che si oppone al progetto, la ferrovia ha ricevuto 930 milioni di euro, circa due terzi delle risorse Pnrr assegnate al Trentino (1,6 miliardi di euro).
L’iter per la sua approvazione ha goduto delle accelerazioni introdotte dal Decreto semplificazioni del 28 luglio 2021, tra cui le procedure più veloci per ottenere la Valutazione di impatto ambientale (Via), necessaria a far partire i progetti.
Il tracciato prevede tredici chilometri di ferrovia, di cui undici di gallerie. Nel dossier dedicato al progetto, Rfi parla di «massimo beneficio per il territorio», ma una parte dei cittadini di Trento, riuniti in comitati, ritiene l’opera inutile. La ferrovia non potrà essere messa in funzione, infatti, se non si completerà prima la galleria ferroviaria del Brennero, necessaria a eliminare una strozzatura che impedirebbe il quadruplicamento dei binari. Ma l’apertura del traforo è al momento prevista per il 2032. I lavori per la Circonvallazione di Trento devono invece rispettare i tempi previsti dal Pnrr che la finanzia e quindi concludersi entro il 30 giugno 2026. Il pericolo è di avere una Circonvallazione inutilizzata fino alla fine dei lavori al Brennero, ma nel frattempo gli scavi per la ferrovia di Trento potrebbero esporre la popolazione al piombo tetraetile, un metallo molto tossico.
Questo progetto è finanziato grazie alle donazioni dei cittadini e delle cittadine.
Nel totale sono inclusi 2.500 euro donati da Patagonia,
azienda che si distingue nella responsabilità sociale di impresa.